Nel 1964 nove persone hanno trovato la libertà a Berlino Ovest grazie all’aiuto di una BMW Isetta, la più piccola macchina mai usata per una fuga.
In una Berlino ancora divisa, con uno stretto controllo al confine tra Est e Ovest, le persone cercavano una strada verso la libertà, contro tutte le avversità.
The Small Escape, film elaborato in stile blockbuster, ci riporta proprio al 1964: la famiglia Jacobi aveva già lasciato la parte Est della città nel 1958, tre anni prima della costruzione del muro di Berlino. Quando il suo vecchio amico Manfred Koster gli chiese di aiutarlo a fuggire dalla DDR Jacopi pensò ad un piano molto coraggioso: la sua BMW Isetta sarebbe stata l’auto della fuga. La moto-coupé, che misurava solamente 2,30 metri di lunghezza e 1,40 metri di larghezza, avrebbe suscitato poco sospetto con i soldati di frontiera, o almeno così sperava. Dentro, avrebbe dovuto nascondersi una persona.
La bubble car è già molto stretta per due persone sui sedili posteriori. Il nascondiglio per il suo amico venne costruito dietro il sedile, accanto al motore. Jacobi, che era un meccanico, effettuò la trasformazione nel suo ex laboratorio a Berlino Reinickendorf. Ritagliò un’apertura nel rivestimento dietro il sedile, rimuovendo la ruota di scorta e il filtro dell’aria. Sostituì anche il serbatoio da 13 litri con un contenitore da 2 litri per fare spazio al passeggero nascosto.
Il 23 maggio 1964, poco prima della chiusura del valico di frontiera a mezzanotte, la BMW Isetta trasformata da Klaus-Günter Jacobi, passò al di sotto della sbarra aperta. Poco dopo aver passato la frontiera, liberò il suo amico Manfred dal nascondiglio e lo strinse fra le sue braccia con immensa gioia. Questa è stata l’unica volta in cui la BMW Isetta di Jacobi è stata utilizzata come auto di fuga, ma il suo successo ispirò altri otto cittadini della RDT che riuscirono a fuggire ad Ovest negli anni seguenti, proprio all’interno di una BMW Isetta trasformata in modo simile.
Oggi la macchina è esposta nel Museo del Muro di Berlino Mauermuseum – Museum Haus am Checkpoint Charlie. Il film “The Small Escape” diventerà un’installazione permanente della mostra sugli spettacolari tentativi di fuga.
LA MODIFICA DELL'ISETTA
- Smontare il ripiano dietro al divanetto posteriore e poi risaldarlo dieci centimetri più in alto. In questo modo si crea una maggiore libertà di movimento per i lavori da fare e anche per il passeggero clandestino da trasportare.
- Smontare il divanetto posteriore, togliere la ruota di scorta dal vano relativo e praticare un foro di 50 x 50 centimetri nella lamiera della piastra posteriore.
- Smontare la copertura del terminale di scarico, togliere il filtro dell’aria. Eliminare tutto ciò che occupa spazio inutilmente.
- Piegare il terminale di scarico: è necessario per via delle modifiche tecniche e per la posizione del passeggero.
- Montare un pianale di lamiera nella sospensione del paraurti come protezione dal calore del terminale di scarico.
- Alla fine, levigare di nuovo tutto e accorciare i paraspruzzi posteriori per evitare che tocchino terra per via del peso del clandestino e provochino sospetti.
- L’ultima modifica si svolgerà solo il giorno della fuga: il grande serbatoio da 13 litri che Klaus-Günter Jacobi ha già staccato dal suo supporto, verrà staccato dal tubo della benzina e al suo posto verrà attaccata una piccola tanica, poco più grande di una latta di olio. Può contenere solo 2 litri di benzina, che devono bastare per portare il fuggiasco al di là dal confine…

ISETTA: ICONA DI LIBERTÀ E QUOTIDIANITÀ
Figlia degli anni ’50, la microcar di Monaco di Baviera era considerata un’auto del tutto futuristica, coniugando un concept intelligente con l’eleganza della semplicità. In più, la sua nascita è legata a una situazione di emergenza.
A metà degli anni ’50, BMW era prossima al fallimento: la produzione di moto era in calo. Nel settore automobilistico, la produzione di auto più grandi, come i modelli 503 e 507, era in perdita, perché i costi di produzione erano (troppo) alti.
Serviva quindi un nuovo modello dai basti costi di progettazione e produzione. Al Salone dell’Auto di Torino del 1954, BMW trovò la soluzione: allo stand della Iso Rivolta, un costruttore italiano di frigoriferi e miniauto, c’era un’auto a 3 ruote con un enorme portellone anteriore, la Iso Isetta. La delegazione BMW acquisì i diritti di licenza e gli impianti produttivi seduta stante.
Prima di tutto, BMW ha dovuto “affinare” il motore e il telaio della microcar italiana. Anche dopo le modifiche apportate dai tecnici BMW, abituati a grandi prestazioni, i dati tecnici erano un po’ scarsi: il motore monocilindrico a quattro tempi, con la sua cilindrata di 250 cc derivata dalla moto R25, sembrava nato per essere più silenzioso che potente: all’inizio della produzione, nel 1955, nella BMW Isetta 250 erogava esattamente 12 CV.


Per dare un nome alla bubble car, BMW decise di ispirarsi alle sue radici. Isetta è una forma diminutiva italiana che viene da Iso. Nel numero di ruote, invece, BMW ha deciso di discostarsi dall’antenata italiana: l’originale ne aveva solo tre, mentre la versione tedesca di Isetta usciva dalla fabbrica con quattro ruote. Nel 1956, la casa bavarese lanciò la BMW Isetta 300 che aveva una coppia maggiore, una cilindrata di 300 cc e una potenza di 13 CV. In entrambe le versioni, la piccola bubble car poteva raggiungere una velocità massima di 85 km/h.
Sulle brevi distanze e in città, l’eroina dell’uso quotidiano non aveva rivali. Con una lunghezza di soli 2,28 metri e un peso mosca di 350 chilogrammi, era versatile e maneggevole come nessun’altra. Poteva ospitare due passeggeri adulti seduti uno accanto all’altro come una “vera” auto, una prerogativa che nessun’altra microcar poteva offrire.
Il portellone che si apriva in avanti, come in un frigorifero, permetteva di salire comodamente. Il volante e la colonna dello sterzo si spostavano di lato con il portellone. Solo le valigie dovevano rimanere fuori e trovavano posto su un portabagagli installato sulla coda. Il pubblico aveva capito: Isetta non era una limousine in versione lillipuziana, ma un’auto di nuova concezione, un’auto che era arrivata sul mercato al momento giusto: era la microcar degli anni ’50.
Fonte e immagini: BMW Group