Electro R-evolution
La ricarica on-demand in alcune città è diventata realtà. Abbiamo fatto due chiacchiere con Marco Bevilacqua, CEO di Reefilla, start-up che ha fatto del charge delivery urbano la sua missione. E chissà che così la rivoluzione elettrica non diventi un po’ più facile da digerire…
«Febbraio 2021. Ero al semaforo sulla mia 500 elettrica, e mi affianca una Tesla. A quel punto ho capito: è il momento. Così ho chiamato i miei soci e ho detto loro: ragazzi, il futuro è diventato presente. Muoviamoci, perché se non lo facciamo ora, tra pochi mesi ci mangeremo le mani». E insomma, Marco Bevilacqua e i suoi soci si sono mossi eccome.

Marco è il CEO di Reefilla, società che fornisce servizi di ricarica on demand. O, se preferite, charge delivery. In sostanza, sei a secco di batteria, li chiami, loro arrivano e ricaricano l’auto senza che tu debba preoccuparti di nulla. Un servizio complementare alla modalità ordinaria di ricarica domestica o da colonnina, insomma. «Parafrasando il vecchio adagio, siamo come la montagna che va da Maometto: in questo caso portiamo l’energia all’auto quando ne ha bisogno», ci racconta. Proviamo a capirne un po’ di più sullo sviluppo della mobilità elettrica.
Una questione di testa

Di certo c’è che l’elettrico è sempre più considerato nel mercato dell’automotive. Un paio di dati, giusto per capirci. Secondo Motus-E (associazione che monitora il settore della mobilità elettrica), l’anno scorso in Italia sono stati immatricolati 1.475.393 veicoli; il 4,6% di quel totale è rappresentato dall’elettrico con 67.542 unità. Si tratta, in percentuale, del doppio del 2020 (2,3%) e di nove volte la quota del 2019 (0,5%).
Oggi nel nostro Paese un automobilista che voglia comprare un’auto elettrica può scegliere tra 55 modelli. Sempre Motus-E stima che la domanda di veicoli elettrici continuerà a crescere, superando quella per ogni altro tipo di alimentazione entro il 2025.
Cinque anni più tardi i veicoli richiesti saranno la metà del totale, intorno ai 4 milioni di unità. Nel 2050, infine, la quota elettrica del parco circolante sfiorerà l’80%.
Tra meno di trent’anni, dunque, sembra proprio che guideremo quasi esclusivamente auto elettriche. Ciò sposta il tema su un piano più complesso, quello del cambio di paradigma culturale. Da circa un secolo, anno più anno meno, l’automobile è concepita e vissuta come un mezzo di trasporto (e divertimento) che funziona riempiendo il serbatoio di combustibile fossile. Di primo acchito, si potrebbe pensare che per l’auto elettrica lo schema possa essere lo stesso, con la parola “elettrico” al posto di “fossile”.
Ma le cose, come spiega Bevilacqua, stanno diversamente: «Prima ancora che nella conoscenza della tecnologia, il problema è nella conoscenza dell’auto elettrica in sé, cioè nel diventare consapevoli che il mezzo può essere ricaricato nei momenti sterili, quando è parcheggiato; o nell’abituarsi a pianificare il viaggio, magari conoscendo le diverse tecnologie di ricarica. Ad oggi, però, nessuno si preoccupa di uscire alla mattina sapendo quanta benzina ha nel serbatoio: se non ne ha, sa di poter trovare facilmente un distributore».

Quando l’autonomia diventa tutto
Il tema dell’autonomia è il punto chiave nel passaggio dalla mobilità tradizionale a quella elettrica. Al momento, la maggior parte delle auto elettriche può percorrere con una carica tra i 200 e i 500 km, con una proiezione che vede l’autonomia futura media in aumento fino ai 400-600 km. Ciò rende sempre più appetibile l’acquisto poiché, sempre secondo i dati elaborati da Motus-E, la maggior autonomia è un fattore determinante per l’incremento della domanda di elettrico.

In ogni caso, al netto di tutte le considerazioni possibili sulla quantità di chilometri percorribili, resta una domanda: come si fa a trasformare la ricarica in qualcosa che sia il più possibile simile al rifornimento di benzina? Della soluzione Reefilla abbiamo accennato: si tratta di un ecosistema di dispositivi di ricarica connessi, basati su batterie intercambiabili e gestiti da una piattaforma cloud IoT. Un’altra soluzione simile è quella sviluppata da E-Gap già dal 2019, che al momento è disponibile a Milano, Roma e Bologna.
In queste città è attiva una rete di “van” attrezzati per essere un centro di ricarica mobile veloce, che raggiunge l’auto ovunque si trovi. Sistemi agili, quindi, che puntano a essere sempre meno complementari ai due attualmente praticati dalla maggioranza dei proprietari: l’alimentazione domestica e la colonnina.

«Chi ha modo di ricaricare a casa perché ha un box o un sistema fotovoltaico, e fa dell’auto un uso medio, non ha più motivi per non votarsi alla mobilità elettrica», dice Bevilacqua. «Il punto è che più o meno il 60% di chi possiede un veicolo elettrico non ha un ricovero notturno. E se cerca una colonnina, può trovarla occupata. Noi puntiamo a risolvere questo problema, e quindi a rendere più morbido l’impatto con uno scenario che, come dicevo, non è più il futuro, ma è il presente».
Ma alla fine, si risparmia?
Nel momento in cui le tensioni internazionali portano benzina e diesel a oltre due euro al litro, la questione delle spese per il carburante è cruciale. E dolorosa, aggiungeremmo. Rappresenta un altro dei punti di conoscenza della mobilità elettrica che vale la pena approfondire, anche perché ad aumentare non è solo il costo del carburante tradizionale, ma di tutta l’energia. Per Bevilacqua si tratta di un bias cognitivo: «Aumentano le bollette dell’elettricità e quindi si pensa che l’auto elettrica non convenga più. In realtà, dipende dall’uso che se ne fa: in un contesto urbano è infinitamente più conveniente che in autostrada, ad esempio».
Qui si ribalta il paradigma tradizionale. In autostrada un’auto a benzina/diesel conviene perché non si toccano quasi mai freno e marce, e dunque i consumi possono assestarsi sul livello minimo. Nello stesso contesto un’elettrica, invece, non può beneficiare del recupero di energia cinetica in frenata. Se ti tocca ricaricare, devi 1. trovare la colonnina e 2. attendere almeno 40 minuti anche sfruttando il sistema super-charger. In pratica, percorrere 800 chilometri può costare intorno ai 130 euro, quindi come con un’auto a benzina, ma con più tempo perso.

«In città, invece, ti muovi per due settimane spendendo tra gli 8 e i 10 euro di energia», conclude Bevilacqua. «In altre parole, chi fa 70, 80mila chilometri all’anno muovendosi in modo prevedibile, come i rappresentanti o gli agenti, non è certo il candidato ideale all’auto elettrica. Ma tutti gli altri possono esserlo. Pensiamo a chi fa 400 chilometri tutti insieme una volta all’anno, per andare in vacanza ad esempio: io credo che per quella singola volta si possano anche trascorrere 40 minuti al super-charger per ricaricare il mezzo».
Insomma, il futuro è già qui, ma va prima capito…