Ho un ricordo nitido di quando scattò quella particolare simpatia che capita inspiegabilmente di provare nei confronti di una persona appena conosciuta. Alessandro allora era un collega e lavorava per Repubblica. Quella sera parlammo di padri, di motori, di donne e di futuro. Fu una delle ultime volte in cui vidi Alessandro a una presentazione stampa, ma ormai la molla era scattata. Di cognome fa Baccani, classe 1967, svizzero di nascita, ma fiorentino fino all’ultima molecola. Un uomo che ha dedicato la sua vita alla passione per il motorsport e per un marchio in particolare, quello della cavallina rampante di Stoccarda che troneggia nello scudetto Porsche.

E le Porsche a cinque anni le sapeva già riconoscere, anche da lontano e dal solo sound del motore: merito di un babbo stra-appassionato di auto e di guida sportiva che però viene a mancare quando Alessandro ha 13 anni. C’è la mamma, certo. Quello che non c’è sono grandi disponibilità economiche. Per fortuna moto e motorini richiedono budget decisamente meno impegnativi e allora via a smontare e rimontare, per poi lanciarsi in gare poco ortodosse sulle colline di Firenze.

Le due ruote sono il ripiego “povero” però, perché l’unico obiettivo rimane correre in macchina. E qui entra in gioco il gelato per cui Ale ha una fissa da sempre, quasi si trattasse di un richiamo atavico. I proprietari di una nota gelateria fiorentina della quale Baccani è assiduo cliente sanno della sua brama di correre e decidono di dargli la prima “illuminante” mano facendogli da sponsor per una garetta. E così, a 22 anni, scende ufficialmente in pista per la prima volta. E va forte. Qualche anno di gavetta nelle classe minori a farsi le ossa, fino alla svolta: le gare di endurance al volante di Porsche. 

Entrare nell’abitacolo di una 911 da corsa può lasciare un segno indelebile su chiunque, ma per Alessandro è qualcosa di più. Inizia a correre aggregandosi a team che lo ingaggiano per alzare il livello tecnico di guida e, contestualmente, aiutare i gentleman driver a migliorare le performance pistaiole. Nello stesso periodo avvia un’esperienza come istruttore per BMW e si addentra maggiormente nelle logiche di chi deve relazionarsi con clienti mossi da una grande passione, ma che spesso, per via della loro buona disponibilità economica, hanno la tendenza ad essere un po’ “viziati”. All’inizio del 2000 collabora come giornalista/tester, situazione che gli permette di ampliare le sue conoscenze nel mondo automotive. 

Porsche però è ormai un elemento cardine nella sua vita professionale e Alessandro nel 2008 arriva a correre l’intera stagione della Carrera Cup, portando a casa il terzo posto. Nel 2012 diventa “monogamo”, dedicandosi anima e corpo al marchio luxury di Stoccarda. Da qual momento in poi Porsche diventa una seconda famiglia, di quelle che ti fanno crescere professionalmente da tutti i punti di vista, anche continuando a coltivare la passione per le gare. L’endurance è il suo pane: per i team il ruolo di trainer è fondamentale. Ed è proprio così che la professionalità del pilota, quella dell’istruttore e quella del coach di gentlemen drivers trova il giusto equilibrio: Baccani diventa per Porsche un riferimento per conoscenze e capacità. 

Professionalità che ovviamente lo portano a vivere esperienze incredibili e a collezionare così tanti aneddoti che la giornata passata insieme a Franciacorta in occasione del Porsche Festival 2022 vola via. Ci racconta di quella volta in cui, in compagnia di un collega, è stato prelevato da alcuni uomini dello Stato ad un casello autostradale del centro Italia per essere accompagnato, di notte, in un aeroporto abbandonato. Lo scopo? Insegnare tecniche di guida per speronare efficacemente altre vetture in caso di problemi durante i servizi di scorta. Fu riaccompagnato al punto di partenza alle prime luci dell’alba, senza aver conosciuto niente più del nome di battesimo degli uomini ai quali fece addestramento. O ancora, quando un magnate russo affittò un noto circuito dove fece arrivare alcune delle sue auto più performanti pronte per essere messe alla frusta sotto la supervisione di istruttori qualificati, tra i quali Alessandro. Peccato che il magnate non si presentò mai, lasciando libero spazio al divertimento degli uomini della scorta che erano lì ad attenderlo.

Il Porsche Festival 2022, che si è tenuto presso il Porsche Experience Center di Franciacorta, è stata l’occasione per incontrare Ale e farci guidare tra auto da sogno e pietre miliari del mondo dell’automotive. Certamente è l’evento che catalizza maggiormente l’attenzione e scatena la passione degli amanti del marchio tedesco. Una kermesse che nasce nel 2015, con numeri costantemente in crescita, ricchissima di iniziative e proposte per una due giorni davvero indimenticabile. Molte sono le Experience tra le quali scegliere, che finiscono sempre sold out in poco tempo, e vanno da quella in pista con le GT3 della Porsche Cup ai percorsi offroad a bordo di Cayenne o Macan. Quest’anno i numeri sono davvero incredibili, con oltre 9000 spettatori presenti nell’arco del weekend e più di 63.000 km percorsi durante le esperienze di guida in pista.

Moltissime le auto che meriterebbero di essere raccontate nel dettaglio. Per prima cosa non abbiamo resistito alla tentazione di chiedere ad Ale quale sia stata la Porsche, di tutte quelle che ha guidato, che l’ha maggiormente impressionato, lasciando un segno indelebile nel suo cuore. E qui non ha alcun dubbio: una 911 997 GT2 RS di proprietà di un caro amico. Quell’auto mise seriamente in difficoltà le sue capacità di controsterzare alla velocità della luce mentre percorreva un lungo curvone di immissione. Macchina salva e amicizia anche. “Un vero mostro” ci confessa, “di una cattiveria e brutalità assolute”.  

Qualcuna di quelle ammirate durante la nostra visita ci ha colpiti con la stessa violenza di un pugno in piena faccia. Vedere da vicino, vicinissimo, la 919 Ibrida detentrice del record assoluto nell’inferno verde del Nurburgring ci ha fatto pensare a come possa un pilota rimanere chiuso in quell’abitacolo così angusto e guidare per oltre 5 minuti al limite dell’uomo e della macchina. Una vera e propria bandiera tecnologica della casa di Stoccarda.

Anche la 918 Ibrida ci ha strappato una lacrima: con i suoi quasi 10 anni di vita e 918 esemplari prodotti, rimane un masterpiece della tecnologia motoristica con un design che più attuale non si può. Era, oltretutto, la Porsche più potente presente al Festival con i suoi 887 cavalli prodotti da un V8 termico montato centralmente abbinato a due motori elettrici per asse.

Abbiamo poi vissuto l’esperienza pazzesca, in un box leggermente defilato,  del primo “engine on” di una 911 992 Club Sport Manthey Racing appena arrivata da Weissach, celebrativa per i 25 anni del noto tuner tedesco del quale Porsche detiene il 51% delle quote. Esemplare unico in Italia di 30 pezzi totali nel mondo per oltre mezzo milione di euro di prezzo di listino. Pazzesca, nel suo grigio mat.

Chiacchieriamo per una bella mezz’ora al cospetto di una 935 da togliere il fiato. Una di 77 esemplari prodotti e una delle due presenti in Italia. Auto tributo alla leggendaria 935 degli anni ’70 soprannominata “Moby Dick” sempre costruita su base 911 GT2RS con carrozzeria in materiali compositi e un approfondito studio in galleria del vento. Vettura destinata alle esibizioni e a sessioni private in pista finalizzate all’allenamento. Ci accorgiamo di perdere qualche battuta di Alessandro rapiti dalla bellezza ed esclusività assoluta di questa 935. Il suo valore pare aggirarsi, tra i collezionisti, tra 1,5 e 2 milioni di euro. La 935 è parcheggiata su una pedana rivestita in alluminio mandorlato proprio di fianco ad una 911GT3 R, l’ultima arma definitiva di Porsche per correre nella categoria GT3. Per contenere il peso della vettura la quasi totalità della carrozzeria è in carbonio e fa davvero impressione aprire la porta dell’abitacolo ed avere la percezione che sia fatta di carta da giornale per la sua assoluta leggerezza.

Al tramonto Alessandro ci accompagna verso il parcheggio. Ci siamo riempiti gli occhi di bellezza e passione, siamo contenti di aver visto un amico nel suo habitat naturale e di esserci fatti raccontare una vita di quasi assoluta monogamia motoristica. Stiamo per salutarci quando incrociamo un omone, in tuta da pilota, con un mezzo sigaro che pende dalle labbra e un sorriso accogliente. Ci presentiamo. Paolo detto Paolone ci stringe vigorosamente la mano e scambiamo qualche battuta cogliendo un evidente accento toscano. 

E’ il momento dei saluti e prima di andarcene Alessandro ci chiede se avessimo idea di chi fosse Paolo detto Paolone. “Nessuna, naturalmente”, rispondiamo. “Le tre auto che tanto vi hanno impressionato, la 911 GT2RS Club Sport Manthey, la 935 e la 911 R hanno un unico proprietario: Paolo detto Paolone” ci dice ridendo Alessandro. 

Ammutoliti torniamo alla nostra auto e riceviamo un messaggio da Baccani: “Anche la 997 RS che rischiai di picchiare nel muro del raccordo autostradale è di Paolo, mi ero dimenticato di dirtelo! Ciao”. Paolone. Chi non vorrebbe essere suo amico…