Altro che città smart a 30 chilometri all’ora: vi piacerebbe umiliare le Panigale da semaforo a semaforo, o fare casa-lavoro in due minuti netti come un Teletubby sotto anfetamine, su un monopattino elettrico da duecento orari? Beh, c’è uno che potrebbe. È Alessandro Tartarini, il proprietario del marchio Velocifero.
Sul rettilineo dell’Autodromo di Monza, il 29 settembre scorso, ha raggiunto la velocità massima di 198 km/h accelerando da zero a cento in 3,27 secondi. Certificato dai cronometristi CONI. Su un monopattino elettrico. Beh, non proprio uno qualsiasi…
Il prototipo Velocifero Record si piazza da qualche parte fra il maxiscooter e una MotoE.
Se è per questo, neppure Alessandro Tartarini, 57 anni, è uno qualunque. Proviene da una famiglia di bolognesi temerari. Il nonno Egisto Tartarini era un meccanico che correva su un sidecar Moto Guzzi negli anni Venti. Papà Leopoldo era quel ragazzo che nel 1957 compì il reclamizzato giro del mondo in coppia con l’amico Giorgio Monetti, in sella a due Ducati 175 cc. E che poi negli anni Sessanta fondò Italjet, marchio di culto, fuori dal mainstream, oggi guidato dal figlio Massimo.

Insomma, la mela non cade mai lontano dall’albero. Come già il padre per la motoleggera Ducati, con il suo record Alessandro Tartarini ha voluto dimostrare in prima persona le enormi potenzialità della mobilità elettrica, settore nel quale si muove Velocifero, azienda cinese con la testa in Italia. Ma perché proprio un record di velocità, un’impresa totalmente avulsa dal marketing standardizzato dei brand a due ruote?
“Per rievocare il primato stabilito da mio padre su un tre ruote proprio qui, a Monza, nel 1969. C’è del romanticismo. E poi, vinci una gara e finisce lì, mentre il record rimane per sempre”, spiega Tartarini. “Un record ha un risvolto di passione che forse altre iniziative non hanno. C’è stato tanto impegno da parte del team. E tante incognite: era un mezzo estremamente particolare. C’è stata tensione (il gioco di parole è involontario, Nda) finché l’abbiamo messo in pista. Chi lo vedeva diceva: ma come si guida? Non lo sapevo neanch’io”. Già, come si guida un monopattino da record? “In ginocchio. Ed è divertentissimo, la coppia infinita del motore elettrico dà un’adrenalina incredibile”.

Anche se ha una certa aria di famiglia con il Dragster Italjet, il Velocifero Record adotta caratteristiche tecniche inedite e del tutto diverse.
Prima di tutto, il telaio: è in alluminio scatolato, costruito apposta per accogliere il motore eletrico e il pacco batterie sovradimensionato. Minimalista e stabile: un missile, dice Tartarini. Più lenta l’elaborazione del progetto. L’idea era in embrione già nel 2016, la pandemia e il fatto che non rientrasse fra le priorità di Velocifero ne hanno rallentato lo sviluppo. Finché è arrivato il momento giusto, colto nel posto giusto.
E non finirà qui, promette: “Stiamo lavorando per portare lo zero-cento a due secondi e mezzo superando i 250 chilometri orari. E poi mi piacerebbe sfidare una hypercar, una Lamborghini o un’altra, in un derby della Motor Valley. Sì, questo è stato solo il primo di una serie di eventi molto romantici”.

Un record per attirare i riflettori sul marchio e, perché no, coltivare il gusto per il sorprendente, per l’inaspettato e l’eccentrico. La bellezza del gesto avulso dal freddo calcolo.
Anche un altro giovane marchio elettrico, Vmoto, ha imitato il Velocifero in senso orizzontale. Cioè stabilendo un nuovo record mondiale per la più lunga distanza percorsa da uno scooter elettrico in 24 ore da un team in staffetta, 1.391 km sul Circuito Tazio Nuvolari di Cervesina.
Il Velocifero Record sarà esposto a Milano per l’Eicma dal 7 al 12 novembre, fra le novità del marchio come la versione definitiva della Race X, una tecnoscrambler elettrica con motore da 7.000 Watt e potenza massima di 10.000, con la ruota anteriore da 17″ e la posteriore da 15″. Ha un’autonomia di 170 km e 200 Nm di coppia, abbastanza per trascorrere un paio d’ore su di giri. E poi il Mad 500W e lo scooterino Tennis, con un motore IPM (a magneti permanenti interni) derivato dall’auto che lo rende molto performante.
Non come un monopattino da record, ma insomma: è lecito sospettare che, con uno come Tartarini, la mobilità elettrica urbana e da weekend potrebbe diventare meno noiosa e prevedibile di quanto si possa temere. Sindaci permettendo.