La settimana dello spring break nei paesi anglosassoni è diventata un’istituzione. E la parte più divertente, secondo me, è questa: ciò che è nato come il momento più folle, liberatorio e sregolato dell’anno studentesco, oggi ha invece una serie di regole imprescindibili (non scritte, ok, ma pur sempre regole sono).

Si fa festa fino a tardi, sempre. Ci si ubriaca, tanto. E ci si tatua, spesso. Cosa succede a questo punto? Bè, quando si fanno tutte queste cose contemporaneamente e in gruppo di solito il risultato è un gran mal di testa e un nuovo tatuaggio che starà lì a ricordarci della vacanza, degli amici e di quella/o tipa/o di cui ricordiamo vagamente il colore di capelli…

Ecco, questa volta voglio parlarvi proprio della nicchia, nemmeno troppo piccola poi, dello “spring-break tattoing”, che racchiude tutti quei tatuaggi ironici, irriverenti, un po’ punk e molto rock, a volte amatoriali e alcune altre semplicemente mal eseguiti, che potremmo in fin dei conti riassumere come BRUTTI. Ma tant’è… In questo caso, forse più che in altri, l’importanza simbolica del gesto di tatuarsi diventa protagonista, anche a discapito del tatuaggio stesso.

È un po’ la stessa filosofia di quelli che chiamano tattoo-party, ne avete mai sentito parlare? Gli ingredienti sono un gruppo di persone determinate, il necessario per tatuare e una certa quantità di birra. Niente tatuatori professionisti: ognuno potrà provare l’ebbrezza di tracciare sulla pelle altrui un segno che non sparirà mai.

Per chi non disponesse del necessario o non desiderasse minimamente provare l’esperienza, le opzioni sono due: rivolgersi a un valido studio oppure, dopo un po’ di ricerca, mettersi nelle mani di tatuatori che hanno raggiunto una vera e propria specializzazione in questa piccola e significativa corrente del tattoo world.

Per facilitarvi la vita, ecco qualche spunto.

Se siete dalle parti di Milano, cercate Mayo. Conosciuto come Crap-man, i suoi disegni sono ironici e ben eseguiti, con uno stile e una tecnica solida e classica, fatta di linee potenti e volutamente sporche che danno al risultato finale un aspetto drammatico e vintage, con un’evidente ispirazione alla tradizione criminale sovietica.

Nel caso, invece, vi troviate negli Stati Uniti e siate alla ricerca di uno stile strettamente affine a street art e graffiti, Fuzi Uv Tpk (il suo nickname da social network riesco a leggerlo più agevolmente: fuzi_tattoo) fa proprio al caso vostro. Il suo tratto solido e pulito ben si presta a tatuaggi che ripropongono, in maniera piuttosto fedele, le grafiche che normalmente possiamo apprezzare sui muri lungo le strade della nostra città.

Una menzione speciale la merita Helena Fernandes, una tatuatrice brasiliana che si auto-definisce specializzata in “brutti tatuaggi”. Ed effettivamente ha ragione. Ma devo ammettere che hanno un “qualcosa” in grado di rendere evidente che siano stati eseguiti selvaggiamente di proposito.

Certo non stupisce che si trovino esempi di tatuaggi ironici anche nei libri di storia del tatuaggio: basti pensare a quelli statunitensi del secolo scorso come le classiche tavole dei disegni del grande Sailor Jerry Collins.

E giusto come dimostrazione che l’ironia nel tatuaggio è trasversale e supera stili e oceani, ecco una foto tratta da un bellissimo libro del fotografo Gian Paolo Barbieri intitolato Tahiti Tattoo. Occhio al dettaglio, fa la differenza…

Make the world beautiful: get tattooed!