Io me la immagino la signora Beckam urlare al marito “Togliti quelle scarpe luride prima di entrare, ho appena pulito il pavimento!”. 

Secondo la leggenda, dev’essere venuta più o meno così a Charles Beckam l’idea di applicare ai suoi boots da lavoro la Traction Tred, ovvero la mitica suola in para bianca, in modo che in fattoria non ci rimanesse attaccato sotto mezzo campo. 

A dirla tutta, la versione meno romantica della storia è che questa genialata sia stata una conseguenza della Grande Depressione del ‘29 quando l’azienda, per abbassare i costi, iniziò a produrre un nuovo tipo di suola, quella in gomma. Un’innovazione che permise di realizzare lo stivale n.99: costava soltanto 0,99 dollari e così più o meno tutti potevano permettersi scarpe comode e resistenti per poter lavorare.

 

Potrebbe già bastare questo per descrivere la nascita dell’icona di cui vi parlerò oggi, le Red Wing Shoes.

Il resto è la classica storia americana, quella di uno scaltro artigiano che capisce che i lavoratori, e poi i soldati, hanno bisogno di scarpe robuste e comode. Niente di nuovo insomma, se non fosse che da semplici utility boots i Red Wing sono diventati un simbolo a stelle e strisce capace di attraversare gloriosamente 120 anni di guerre, Grandi Depressioni, Presidenti e mode per arrivare ai giorni nostri più in forma che mai.

Le abbiamo viste calzate da impavidi bikers e da duri boscaioli, da star e celebrità fin dagli Anni 70, e poi alle ultime sfilate ai piedi del molto discusso Kanye West e di Pharrell Williams. Ok, adesso forse sono diventate un po’ mainstream anche grazie al movimento hipster che le ha definitivamente sdoganate. E da prodotto alternativo, un po’ di nicchia e per appassionati, sono diventati un fenomeno di costume vero e proprio.

Ma a me della moda, del mainstream e dell’hype, non me ne può fregare di meno. Io oggi voglio raccontarvi della mia passione per questo marchio e per i suoi prodotti, del perché li amerete alla follia anche voi dopo averli provati, di come curarli e farli “invecchiare” bene.

In realtà chiarisco subito che bisogna essere mossi da una qualche forma di simil-masochismo per amarli veramente. Non sono boots banali, da portare ogni tanto giusto per far vedere che li avete o per seguire il trend del momento. I pellami utilizzati (di eccelsa qualità) sono resistenti, duri, quasi grezzi. La particolare lavorazione della suola “Goodyear” li rende pesanti, inizialmente quasi scomodi.

Chi ha fatto il militare negli Alpini si ricorderà dei famigerati “monoblocco”, gli scarponi da montagna che ti consegnavano il primo giorno di naja e ci dovevi marciare chilometri e chilometri, smadonnando per le vesciche prima che diventassero vagamente gestibili. Ecco, non siamo a quei livelli di autolesionismo, ma anche qui all’inizio ci sarà un po’ da soffrire. Perché calzino perfettamente, per ammorbidirli, per dargli quell’aria vissuta e renderli perfetti compagni di avventura serve tempo e un po’ di dedizione.

Una volta “domati” però diventeranno accoglienti come un paio di pantofole. Ci potrete andare a tagliare la legna nel bosco (ma solo se avete la barba e la camicia a quadri), potete andarci all’evento più cool del momento o indossarli per le vostre scorribande in moto. 

Perché, ammettiamolo: sono i biker boots per eccellenza, e nell’immaginario comune ormai l’accoppiata Red Wing-biker è un binomio quasi indissolubile come il Moncler e i paninari, il chiodo e i punk, il babydoll e Kim Basinger. Ma non divaghiamo.

Dicevamo dei Red Wing e dei biker appunto. La loro celebre robustezza, i pellami resistenti, la suola anti-olio, li rendono perfetti per essere portati sopra (o sotto) un vecchio jeans e sfrecciare con il nostro ferro sentendoci tutti un po’ Jackson Teller (ad averla quella fluente chioma bionda poi…). E sdoganiamo il fatto che per portarli devi avere un’Harley, una custom o una special. C’è chi ci ha corso una Six Days nel 1964 (ma questa storia la racconteremo un’altra volta), quindi io direi che fanno tranquillamente la loro porca figura anche su una bella endurona, magari vintage.

A proposito, visto che la produzione oggi conta un numero più o meno infinito di modelli e versioni, mi permetto di citarvene alcuni, giusto per iniziare ad orientarvi.

Il più venduto è sicuramente l’875 Classic Moc, il famoso “polacchino” alla caviglia. L’875 è per gli Hipster quello che erano i Dr. Martens per i punk. È disponibile in svariati colori e pellami ed è sicuramente il più diffuso e “easy” da indossare. Forse anche per questo però è quello che mi attrae meno. È il classico Moc Toe (il nome ha origine dai tipici mocassini che utilizzavano gli indiani Algonquin: questa giocatevela, che è una chicca per pochi) con cucitura Goodyear e suola Traction Tred in para bianca.

Ci sono poi gli Irish Setter, o mod 877, i miei preferiti in assoluto. Sono stati i primi ad avere la suola Traction Tred, sono nati nel 1952 e sono i classici boots da puristi: l’altezza a mezza gamba fa sì che tu ci metta minimo mezz’ora ad allacciarli, motivo per cui io li porto slacciati, a mo’ di ciabatta, ovviamente dopo aver nominato svariati santi per ammorbidirli, qualche anno fa. Il nome Irish Setter deriva dal colore marrone tipico dei setter irlandesi, appunto. Erano pure i preferiti di Steve McQueen (sì, quello della Six Days era lui, appunto. Ma abbiamo già detto che questa la raccontiamo un’altra volta). 

Last but not least, gli Iron Ranger, gli eredi del primo NU 16, il robustissimo stivale dei soldati americani della Prima Guerra mondiale, ispirati alla Mesabi Iron Range, un’area del Minnesota conosciuta per le miniere di ferro. Da qui il nome Iron Ranger. Sono dei polacchini con suola Vibram Mini lug resistente all’olio, doppio puntale e tallone rinforzato. 

Questi sono scarponi da veri duri. All’inizio li troverete impossibili, pesanti, scomodi. Sono come un cavallo Mustang: selvaggi, difficili da domare. Insomma, dovete armarvi di pazienza, una certa voglia di soffrire e una buona dose di grasso. Invecchiando, oltre a diventare comodissimi, uscirà la loro vera essenza, quella di un’autentica opera d’arte calzaturiera.

Oltre a camminarci e soffrire, c’è anche un’altra strada per renderli più morbidi, la stessa che serve a farli durare pressoché all’infinito. Munitevi di crema (o spray) Red Wing e grasso e applicateli con le mani, “massaggiando” gli scarponi come se fossero un vitello di Kobe, è l’unico modo per far sì che il prodotto venga perfettamente assorbito dai pori del pellame. Se avete appena fatto la manicure e il grasso sulle mani vi infastidisce (non venitemi poi a raccontare che tagliate la legna nel bosco…), potete usare una spazzola con setole naturali e poi rifinire il tutto con la cara vecchia calza di seta (io ho un debole per le autoreggenti, ma fate un po’ voi).

E se, come sarà probabile, vi affezionerete e li porterete fino allo sfinimento, non preoccupatevi. Red Wing, tramite artigiani specializzati e autorizzati, provvederà a riportarveli all’antico splendore anche quando saranno distrutti mediante risuolatura fatta rispettando la lavorazione originale. Verrà tolta la suola, sostituito il sughero interno utilizzando sughero naturale, sostituita l’intersuola e cucita al guardolo con lavorazione originale “Goodyear” e poi verrà applicata la suola originale Red Wing.

È vero, adesso saranno anche di moda, non saranno l’accessorio che vi renderà gli originali della serata, ma chissenefrega. Sono scarpe di qualità, durano una vita, migliorano invecchiando. E poi, prima o poi, le mode passano no? Stay Wheelz!