“Cioè fatemi capire, siete 2 ingegneri quotati della Mercedes Benz. Ottimo stipendio, lavoro sicuro, benefit vari, ambiente di lavoro stimolante, lauta pensione garantita… Giustamente mollate tutto e vi mettete a produrre motori da corsa per un pilota privato in una sudicia officina di un’amena località tedesca.

Che due geni! Ma cosa vi dice il cervello??????

Ah, avete realizzato alcuni tra i motori più potenti e prestazionali mai istallati su un’auto di serie?

E avete prodotto alcuni tra i motori di Formula 1 più vincenti di sempre?

Avete pure preparato e rese invincibili le più belle vetture DTM di tutti i tempi?

Cosa?!?!!? Avete anche messo un poderoso V12 da quasi 700 cv su un rude fuoristrada?

Mmmm, beh in questo caso… Non poteva venirvi prima quella malsana idea?!?!?!”.

Penso che i genitori di Hans-Werner Aufrecht ed Erherd Melcher commenterebbero più o meno così la pazza decisione dei loro figli di mollare tutto e fondare una società che avrebbe fatto la storia del Motorsport prima e delle supercar di lusso poi.

Comunque, tutto ebbe inizio nel 1965, quando Manfred Scheck, un collega della Daimler che è anche pilota, chiede loro una mano per partecipare al campionato turismo tedesco e i due pensano bene di fornirgli un motore 300 SL da loro preparato. Risultato? 10 gare vinte. Così, pronti, via.

Scocca subito la famosa scintilla che innesca la combustione, e nel ‘66 i ragazzi fondano a Burgstall, in un ex mulino della Sassonia-Anhalt, la Ingenierburo-Konstruktion und Versuch zur Entwicklung von Rennmotoren (su su, provate a pronunciarlo correttamente, è divertente!), ovvero uno studio che progetta e sviluppa motori da corsa. Dai, non ditemi che le iniziali, i motori MB, la F1 eccetera non vi dicono niente!

Sì esatto, sto parlando nientemeno che della AMG, acronimo che allude appunto alle iniziali dei fondatori e a Grossaspach, cittadina Natale di Aufrecht. Nasce proprio così uno dei più importanti preparatori di motori della storia, capace di diventare nel tempo un brand vero e proprio, anzi quello che oggi è il brand luxury performance di Mercedes Benz. Nel frattempo il quartier generale si sposto da Grossaspach ad Affalterbach, dove tutt’ora ha sede l’azienda.

Ma il punto è un altro: come ha fatto questo piccolo team di artigiani a diventare una vera e propria factory?  Cosa c’era nella ricetta per passare da piccolo atelier che modificava, potenziava e personalizzava vetture a factory da quasi 4000 dipendenti?

Iniziamo col dire che c’è una filosofia di base. E che questa filosofia di base non è mai cambiata in oltre 50 anni. 50 anni di vittorie, sconfitte, colpi di genio e vetture leggendarie sempre con lo stesso mantra che è diventato nel tempo il loro marchio di fabbrica: One Man, One Engine.

Semplice eh? In sostanza, fin dagli albori, ogni motore viene assemblato dallo stesso meccanico. E la storia continua ancora oggi. Su ogni motore che esce da questa fabbrica di sogni, infatti, viene applicata una targhetta con la firma del meccanico che l’ha assemblato. E l’ha assemblato partendo dal blocco motore, istallando manualmente pezzo per pezzo tutte le componenti, come una volta. Il tutto per avere la massima qualità e precisione in ogni passaggio di produzione, caratteristiche tipiche del lavoro che solo un abile artigiano può garantire.

Credetemi, io ci sono stato qualche anno fa. Sembra di essere in una boutique da quanto è tutto ordinato e pulito. Tra l’altro i meccanici, curiosamente, sono quasi tutti di origine italiana. Ecco, la filosofia di AMG è rimasta tale e quale dal 1966 ad oggi.

Prendetevi un paio di giorni di ferie e concedetevi una visita a questa factory delle meraviglie, ne vale assolutamente la pena. E poi hanno pure la birra buona lì intorno…

Ora, spiegarvi tutti i modelli pimpati o addirittura sviluppati da AMG sarebbe come scrivere una nuova Divina Commedia, e la cosa probabilmente mi causerebbe un principio di tendinite da tastiera, oltre al fatto che rischierei di bruciare le costine che ho messo in forno poco fa.

Quindi, in virtù della mia celebre diplomazia, vi descrivo solo le mie preferite.

Dicevamo che agli inizi l’atelier preparava e modificava le Mercedes Benz dei privati che volevano avere più prestazioni sulle loro vetture. Poi nel 1971 la svolta.

Siamo a Spa-Francorchamps, circuito leggendario dove dal 1924 si disputa una delle 24 ore più blasonate del mondo. Un vero e proprio tempio del motorsport. Fare l’Eau Rouge flat-out senza alzare il piede equivale a conseguire un master in pilotaggio automobilistico. Ebbene, alla partenza della 24 ore del ’71, tra le varie Camaro, Alfa GTAm, BMW 2800CS e Ford Capri, spunta una vistosa quanto imponente Mercedes 300 SEL! rossa fiammante, con il numero 35 e il logo AMG ben in vista. Un pachiderma, praticamente, come verrà simpaticamente etichettata in seguito. Ma che ci fa una berlina di rappresentanza alla griglia di partenza di una 24 ore?

Semplice, è una AMG, quindi lotta per la vittoria.

Quei 2 geniacci di Aufrecht e Melcher pensano bene di prendere la berlina di serie più veloce dell’epoca (V8 6.3 di cilindrata per 250 cv e 220 km/h di velocità) e aggiungere la ormai famosa cura AMG. 6.835 centimetri cubi di affidabile ignoranza, 428 cv e una coppia monstre di 608 nm che lanciano il pachiderma a 265 km/h!

Praticamente un missile Cruise su 4 ruote.

E poi passaruota allargati, cerchi in magnesio della stupenda C111, rollbar e portiere alleggerite. Ma senza rinunciare al tocco esotico del cruscotto in radica della versione di serie. Il tutto condito dalla celeberrima affidabilità delle vetture della Stella.

Risultato? Secondo posto all’esordio, tra lo stupore e l’entusiasmo del pubblico che, complice il ruolo di outsider e il fantastico rombo del possente V8, eleggerà il pachiderma rosso a beniamino del pubblico. La popolarità fu tale che ne parlò perfino il tg della sera nell’algida terra teutonica.

Il dado è tratto, AMG non può più nascondersi. La collaborazione con Mercedes Benz diventa sempre più stretta e proficua e dall’atelier di Affalterbach esce una belva dopo l’altra, senza soluzione di continuità.

Verso la fine degli Anni 80 AMG diventa ufficialmente partner della Casa nelle competizioni, in particolare con la 190 E, la prima baby AMG, che si aggiudica una 50ina di vittorie nel prestigioso DTM tedesco, vero e proprio banco di prova per AMG e Mercedes. Che ricordi le battaglie in pista degli anni 90, quando le MB 190 2.5 Evo in livrea Sonax, le ns rosse Alfa 155 Ti V6 e le BMW M3 E30 con i colori M e Warsteiner se le davano di santa ragione! La vettura comunque sancisce il passaggio di testimone tra il reparto sviluppo motori Mercedes e quello AMG, a cui da allora vennero affidati i motori sportivi della casa di Stoccarda.

A onor di cronaca vi cito una delle mie preferite, la versione EVO II di questa vettura, presentata al salone di Ginevra del 1990, spinta dal più potente motore 4 cilindri dell’epoca (235 cv) e prodotta in versione street legal in 500 esemplari per soddisfare le specifiche DTM. Assetto rasoterra, carreggiate muscolose, spoiler anteriore e alettone pronunciato la rendevano riconoscibile al primo sguardo. Trasudava cattiveria come il peggior bullo del quartiere.

Visto che siamo in tema di cattiveria, devo per forza raccontarvi di uno dei modelli più spettacolari nati dalla collaborazione tra MB e AMG, e forse non solo: la leggendaria CLK-GTR.

Non è una vettura, è più un qualcosa di mitologico, un po’ come la biga di Apollo, il cavallo Arione o la vespa scoppiettante di Supergiovane. Una vera propria GT nata per le corse, ma prodotta in serie limitatissima anche per la strada, per pochi e selezionatissimi clienti privati. Telaio monoscocca, carrozzeria in fibra di carbonio, motore centrale. Il propulsore è un V12 di 6.9 o 7.3 litri rispettivamente da 631 o 669 cv, che le permettevano lo 0-100 in 3.5 sec e 320 km/h di velocità. Memorabili le vittorie dei mondiali FIA-GT del 1997 e 1998. Vettura rarissima, oggi le quotazioni superano tranquillamente i 6 zeri.

A proposito, i V12 vengono sviluppati e assemblati in un ambiente diverso dagli altri motori. È una zona off-limits dove tutto è completamente asettico in quanto i motori sono talmente raffinati che anche un solo granello di pulviscolo potrebbe compromettere la riuscita dell’opera d’arte. Parliamo di motori da oltre 600 cv e più di 1000 nm di coppia, limitati solo per non distruggere la trasmissione ad ogni affondo del gas. Inutile sottolineare che è tutto così blindato che potrebbe tranquillamente sembrare il caveau di una banca svizzera.

V12 che tra l’altro viene montato anche su una vera e propria icona Mercedes Benz, una specie di carro armato che è rimasto praticamente tale e quale al progetto iniziale, presentato nel 1979. Sì, è proprio lei, la mitica Classe G, dove G non sta ad indicare il fantomatico punto (anche se il piacere che provoca guidarla potrebbe trarre in inganno), ma vuol dire Gelande, ossia “fuoristrada” in tedesco. Anzi IL FUORISTRADA: testato modello per modello sui terribili sentieri dello Schökl vicino a Graz in Austria (la G viene prodotta da sempre negli stabilimenti della Steyr a Graz, appunto), 25 quintali di burbera arroganza, linee talmente spigolose che sembrano tagliate con un’ascia da Thor in persona, costruita su 2 travi in acciaio come si faceva una volta… In una parola, inarrestabile.

Pensate cosa può fare con il V8 o con il V12 AMG sotto al cofano. Immaginate un carro Abrams da più di 250 km/h. Ecco, penso che il paragone possa rendere l’ idea. Ovviamente sono disponibili anche versioni speciali come la 6×6 o la G63 AMG 4×4², giusto nel caso non vogliate richiamare troppo l’attenzione quando parcheggiate davanti al ristorante…

In sostanza, i motori AMG sono stati montati su qualsiasi Mercedes Benz dagli Anni 70 in poi, tant’è che a inizio 2000 la casa di Affalterbach è diventata prima una costola, e poi dal 2005 una vera e propria consociata della Stella, tanto da rappresentare oggi il brand sportivo di Mercedes. Oggi qualsiasi vettura della gamma può vantare una versione AMG, dalla piccola classe A (che monta un incazzatissimo 2 litri che arriva a 421 cv) alle G, SL o AMG GT.

E a proposito di GT, il viaggio di oggi si conclude con il modello che ha rappresentato il successivo step evolutivo di AMG, la AMG SLS. Cos’ha di tanto speciale questa supercar? La SLS in particolare è stato il primo modello interamente sviluppato ad Affalterbach. Nel 2010 mamma Mercedes ha lasciato il pennello in mano agli artisti AMG, che hanno preso ispirazione dalla mitica 300 SL Gullwing, forse la più bella Mercedes di sempre. La SLS ricorda la 300 SL non sono nelle portiere incernierate ad ala di gabbiano, ma anche nelle proporzioni della carrozzeria. Cofano lungo, la calandra tagliata in 2 da una barra cromata con la stella a tre punte in bella vista, l’abitacolo arretrato e il posteriore tondeggiante con i sottili fari a sviluppo orizzontale. Persino le bocchette dell’aria ricordano la celebre progenitrice.

Come in una vera GT che si rispetti la trasmissione è di tipo Transaxle, ossia motore anteriore e trazione posteriore, collegati da un’albero in carbonio per un’ottima distribuzione dei pesi. Pesi che sono stati ridotti realizzando un telaio quasi esclusivamente in alluminio, prima volta per una vettura stradale della casa, che garantisce un peso piuma di 1550 kg. Il pezzo forte ovviamente è sempre sotto al cofano, con un poderoso V8 da 6.3 litri che nell’ultima versione Black Series arrivava a 631 cv. C’è poco da fare, quando c’è da spingere sulla manetta del gas i ragazzi di Affalterbach sanno il fatto loro.

La SLS è rimasta a listino per 4 anni e il suo canto della cigno (come per ogni modello AMG a fine carriera) è stata la mostruosa Black Series. La novella Gullwing è stata poi sostituita dalla favolosa AMG GT, altra supercar da capogiro, che ha visto l’esordio del nuovo V8 4.0 Biturbo, motore che ha soppiantato il glorioso 6.3 aspirato sacrificato sull’altare della riduzione delle emissioni, purtroppo sempre più restrittive (voci non confermate raccontano che i pinguini in Antartide hanno organizzato un megaparty per l’occasione…).

Vettura dalle prestazioni spaventose, la GT è rimasta in produzione fino al 2021, commercializzata in svariate versioni, perfino cabrio. La più celebre è senza dubbio la GT-R nella livrea Green Hell Magno, capace di polverizzare il record del Nürnburgring e protagonista di un fantastico video promo che si può trovare ancora su Youtube, guidata nientemeno che da Lewis Hamilton.

Bene ragazzi, direi che un’idea sulla AMG ve la siete fatta. Se vi avanzano due lire due e volete togliervi lo sfizio di provare qualcuno di questi bolidi, quei furbastri di Affalterbach hanno messo in piedi un’Academy niente male, che vi permetterà di mettervi al volante e provare le vostre coronarie sui circuiti più belli d’Europa. E se proprio volete esagerare c’è pure la possibilità di provarle sulle nevi finlandesi, ma qui non garantisco sulla vostra salute cardiaca.

Scusate, ma le costine sono pronte e la birra è ghiacciata al punto giusto, quindi auf wiedersehen.

Prost (no, non il pilota…) & stay Wheelz!