Oggi, è triste dirlo, in auto si viaggia poco. Ci si sposta molto, quello sì. Unendo i puntini fra una città o un panorama e l’altro, cullati dal comfort degli interni, dal motore silenzioso, dall’atmosfera artificiale creata dall’infotainment e dal climatizzatore bizona. È l’effetto collaterale della tecnologia, quello di limare gli spigoli, piallare le asperità, togliere il più possibile il disturbo dell’automobile dall’ambiente in cui si muove. Sembra passata un’eternità, eppure ancora trent’anni fa la forma, il carattere, persino i difetti di un’automobile erano in grado di trasformare l’itinerario in viaggio, il viaggio in una piccola avventura, l’avventura in epopea. Oggi togliamo la polvere a sette vetture dalla personalità non comune, nate – a loro modo – per viaggiare.
Audi Cabriolet
Anche se sui lungomare italiani dei primi 90 proliferavano le Duetto Spider quarta serie, la Audi Cabriolet era un vero salotto con vista panoramica sulla costiera. Perfetta tanto per i weekend di coppia, quanto per viaggiare comodamente in souplesse. Sviluppata sul pianale della Audi 80 berlina, fu presentata nel ’91 e rimase in gamma fino al giro di secolo. Un colpo, un centro: e dire che i Quattro Anelli non avevano mai sposato le cabrio di gamma medio-alta, prima d’allora. Essendo tedeschi, l’hanno fatta pure Diesel, oltre alle varie motorizzazioni a benzina tra 1.8 e 2.8 litri. La Audi Cabrio non viaggiava sopra le righe. Proprio per questo era prediletta dal borghese dai gusti sobri, ma attento al dettaglio. Non per nulla fu scelta come auto personale da Lady Diana, una testimonial inarrivabile. Nonostante le dimensioni accoglienti è quasi una 2+2, perché lo spazio riservato alla capote non garantisce agli occupanti del divano posteriore altrettanto comfort e spazio per i bagagli.
Fiat Panda 4x4
La Pandemia della 4×4 è un fenomeno inaspettato. Non solo ha contagiato i figli degli anni 80 e 90, che attraverso lo scatolotto disegnato da Giorgetto Giugiaro evocano un’epoca mitizzata e appena lambita dal digitale; ma anche gli ex giovani che, quei tempi, li hanno vissuti davvero da ventenni. E hanno nostalgia dell’incoscienza e delle nefandezze compiute a bordo di un’utilitaria integrale, che potrebbe essere considerata assolutamente improbabile solo da chi non conosce l’Italia. Bastava un adesivo giallo del Camel Trophy sul portellone, per sentirsi gli eroi di un raid. E poco importava che si trattasse solo di un fine settimana in montagna, di un attraversamento della Sardegna, o di un assaggio di Tunisia. La semplicità, anche progettuale, è la chiave del successo della Panda, a cui bastò una trazione integrale Steyr-Puch per diventare un fuoristrada. In mano a un equipaggio di contadini, avrebbe potuto dare filo da torcere alle Defender impegnate nel Borneo.
Land Rover Defender
E a proposito di Defender, impossibile non includerla nei sogni nazionalpopolari di esotismo. Erano tempi in cui, fra Paris-Dakar, Camel Trophy e Carrere messicane varie, si partiva per ovunque per il semplice gusto di farlo. Quando la Defender arrivò nel 1984 per succedere alla Land Rover Serie 3, fu la classica ciliegina sulla torta. Disponibile in tre tipologie di passo (90 corto, 110 medio, 130 per i safari), fece la differenza per l’inaudito progresso tecnologico delle molle elicoidali al posto delle balestre e la trazione integrale permanente con differenziale centrale bloccabile. Per il resto, la Defender resta autenticamente British fino al midollo. Una tuttoterreno adatta per ogni latitudine del Commonwealth, dall’Outback australiano alle foreste di conifere canadesi, fino al pub locale. Poi è diventata la camionetta dei Carabinieri ed è stato penoso vederla chiudere la sua epoca più spensierata come protagonista indiretta dei fatti di sangue del G8 a Genova.
Lancia Thema i.e. 16V
Basterebbe il fatto che Alberto Sordi guidi la Mercedes 240D nel film “In viaggio con papà” accanto a Carlo Verdone, per eleggere la berlinona tedesca a icona viaggiatrice degli anni 80. E invece no, perché quelli furono anche gli ultimi anni gloriosi della Lancia ed è giusto ricordare che la sua ammiraglia, la Thema, è stata una magnifica attrice protagonista delle autostrade italiane. La sua eleganza un po’ affettata si distingueva a distanza e dentro era un salotto, con la possibilità di arredare gli interni in ciniglia, pelle e Alcantara. Il climatizzatore e l’ABS debuttarono sulle Lancia proprio con la Thema, che teneva i 150 – fino all’89 il limite a 130 km/h non c’era – silenziosamente e senza vibrazioni. La seconda serie del 1988 la migliorò ulteriormente, con l’arrivo delle laminature in legno negli interni, i vetri anticalore Solextra e, soprattutto, il motore 4 cilindri a iniezione elettronica 1.6 a 16 valvole. Il massimo era la Turbo 16v da 181 cv, derivata dalla Delta Integrale da rally. E allora sì che viaggiare con papà aveva senso.
Renault 4 GTL
“Renault 4 all’avventura, è una macchina super sicura”, canticchiava il memorabile jingle dello spot italiano della R4. Nel decennio dell’edonismo paninaro, lo charme basico dell’utilitaria francese era ormai agli sgoccioli. Ricordava troppo gli anni di piombo, complice il ricordo di Aldo Moro. Eppure, ancora negli 80 costituiva una scelta ideale per la giovane generazione di studenti e spiantati assortiti decisi a sfidare la sorte. Anche senza l’adesivo “Energia nucleare? No grazie” che, si dice, fosse appiccicato al vetro direttamente nei piazzali di Boulogne-Billancourt. Quando scoccava l’ora del fine settimana o della vacanza al mare, non era infrequente superare una Renault 4 mentre arrancava a 80 all’ora in autostrada, gravida di un’umanità stordita, tenda e sacchi a pelo. Per i tecnici: dall’82 il motore da 782 cc fu sostituito con quello da 845 cc della versione GTL, mentre la versione TL fu ribattezzata Savane e dotata del 4 cilindri da 956 cc della R5. Il canto del cigno fu intonato nell’89 quando la R4 fu dotata di serie dello specchietto retrovisore destro: ormai era proprio irriconoscibile…
Renault Espace
Quando si materializzò da noi, nel 1984, sembrò provenire da un altro pianeta. Il pianeta Matra. Hai voglia a dire che la Fiat 600 Multipla l’aveva preceduta di vent’anni: la Espace manteneva fede al suo nome, con lo spazio degli interni moltiplicato dalla modularità. Avanzando, arretrando, abbattendo, persino girando i sedili ci facevi quello che volevi: anche dormirci – o fare di meglio – comodamente su un materasso matrimoniale. Oppure andarci in vacanza senza pensieri stipandola del suo vero target: la famiglia numerosa tipo Bradford, quella dei telefilm. Ricordo ancora oggi il sorriso inorgoglito di un collega quando me la mostrò, nuova di finanziamento. Teneva quattro figli e per anni era stato costretto a muoversi sulle mostruose wagon americane da 6 litri e 6 chilometri con un litro. Per lui lo spazio era un’esigenza democratica, non un lusso. L’Espace era così avanti, che le altre Case ci misero dieci anni per proporre una monovolume competitiva. Nel frattempo, l’originale si era rinnovato diventando persino a trazione integrale. E dopo quasi 40 anni è ancora in gamma!
Volvo Polar 240-940
Signori, giù il cappello: passa lo status symbol della borghesia media che ambiva a dibattersi nel triangolo d’oro Montenapo (inteso come centro di Milano), Santa (Margherita Ligure), Courma (yeur). Le Volvo Polar e Super Polar nacquero rispettivamente nel 1989 e 1990 da un’iniziativa della filiale italiana, per proporre la serie 240 Station Wagon al pubblico più giovane. Da nuova, costava come una GLE usata e fu un successo: la prima serie vendette quasi 15.000 unità in cinque anni, delle quali 5.000 nel primo. E pensare che le previsioni non superavano i mille pezzi. Così, Volvo Italia propose l’allestimento anche sulla 940 SW fra il 1995 e il ’97. Nel frattempo, la Polar era diventata di moda anche nel resto d’Europa, presa a riferimento come grande diportista, anche considerate le quote nautiche. La 940 Polar era proposta con motore 2 litri a 4 cilindri benzina da 109 cv, o 2.4 litri 6 cilindri turbodiesel. Il suo asso nella manica era il bagagliaio da 1.200 litri di capacità, che diventavano 2.100 ripiegando il divanetto. Abbastanza per farci stare i borsoni e la coppia di Golden Retriever d’ordinanza. E per i più esigenti, nel 1990 si aggiunse la Super Polar, dotata di ABS e interni in pelle, specchietti regolabili elettricamente dall’interno e riscaldabili, aria condizionata e alzacristalli elettrici.