Sopra un’onda stanca che mi tira su, mentre muovo verso Sud”. Così cantavano i Negrita al ritmo di un soft rock di inizio millennio. E proprio con questo mood morbido e rotondo puntiamo il musone della nostra Kia Sportage verso l’Abruzzo, prima, e la Puglia poi. Terre di vini, di ulivi e del buon cibo. Terre dure, a tratti severe, ma accoglienti e avvolgenti, dove la natura è ancora parte integrante nella vita delle persone, vita che scorre seguendo cadenze blande e giuste, sconosciute a noi del frenetico nord.

Dunque da brave milanesi “ce la prendiamo con tutta calma” e… alle 7 del mattino (normalmente non mi alzo prima delle 9) abbiamo già il bagagliaio strapieno, la musica a palla e una gran voglia di arrivare, senza dimenticare però di goderci il viaggio in totale relax. In questo ci dà una gran mano la nostra Sportage, nella versione più kittata, la GT-line. Perché ok, siamo wild, ma perché rinunciare alle coccole?

Abbiamo già sottolineato – su queste pagine – quanto il marchio coreano sia cresciuto in questi anni: il design dei modelli è stato completamente rivisto e quello che era un suvettone pacioso e come tanti, ha preso ora le sembianze di un SUV coupè anche bello sportivo se vogliamo, ancor più smaliziato in questo colore Experience Green. Gli interni, un tripudio di mega schermi e tecnologia, sono accoglienti e spaziosi, siamo comode anche in quattro e cariche come gli sherpa dell’Himalaya. Ah sì, siamo in quattro: le solite tre più una special guest che vi sveleremo nella prossima puntata!

Il plug-in hybrid lavora con un motore elettrico a magneti permanenti da 66,9 kW e batteria agli ioni di litio da 13,8 kWh. Nonostante l’importante mole di carico, il propulsore resta brillante e divertente, anche se la guida sprint – ovviamente – incide non poco sui consumi mentre la frenata rigenerativa si adopera silenziosa per ricaricare la nostra battery. Le auto ibride offrono il meglio dei due mondi elettrico e endotermico, ma vanno utilizzate con cognizione e saggio veleggiare, per poterne trarre il meglio e far visita il meno spesso possibile al benzinaio.

La nostra Sportage PHEV, come ogni altra vettura che adotta questa tecnologia, lavora sino ai 25 chilometri orari con il motore elettrico alimentato dalla batteria, mentre a velocità basse e costanti a entrare in gioco è principalmente il termico. Quando si ha bisogno di uno sprint in più, piede sul gas e si raggiunge la massima efficienza con i due propulsori che agiscono all’unisono. In frenata o decelerazione l’auto utilizza il sistema di frenata rigenerativa intelligente che annulla la trasmissione della potenza alle ruote e sfrutta il movimento delle stesse per recuperare energia, rallentando e andando a produrre l’elettricità per ricaricare la batteria.

Dopo questo noioso spiegone che i fan dell’endotermico avranno saltato a piè pari, posso svelarvi la nostra prima tappa turistico-eno-gastronomica: l’Abruzzo, precisamente Guardiagrele. Di gioielli questo piccolo borgo in pietra ai piedi della Majella ne nasconde tanti, ma uno in particolare ha attirato la nostra attenzione per questo Food’n Fuel a tema Wild.

Appena fuori dalle mura di Guardiagrele, con una splendida vista che va dal mare fino alle cime e sulla strada che porta direttamente tra le braccia della Dea Maja, troviamo il ristorante Villa Maiella, Stella Michelin dal 2009.
E voi mi direte: Bachets, la Issue è Wild e tu ci porti allo stellato? Eh sì, perché Villa Maiella è il luogo più accogliente e raffinato che potete trovare in Abruzzo, ma conserva radici e anima rurali.

Radici che risalgono al 1966, quando Arcangelo Tinari metteva in tavola per i guardiesi le specialità locali. Una locanda in continua evoluzione, di cui ho memoria dagli Anni 80 in poi, perché irrinunciabile tappa nelle grandi occasioni di famiglia. Ricordo la chitarra al ragù d’agnello, ricordo Peppino, erede di Arcangelo, che già aveva preso le redini del ristorante. E ho vissuto tutta la sua carriera, da cuoco di paese a volto della TV, fino all’ambito riconoscimento Michelin.

Sono tornata a Villa Maiella e ad accogliermi ho ritrovato la stessa atmosfera di trent’anni fa, solo in veste più elegante, ma l’aria che si respira è sempre quella: la famiglia. Credetemi, nonostante il lustro della location, non vi sentirete mai a disagio. Anche perché l’ambiente è giovane, dal personale fino alla gestione attuale dei figli di Peppino e Angela: Pascal in sala a dispensare tutto il suo sapere sui vini, e Arcangelo – che porta con onore il nome del nonno – in cucina a creare piccoli grandi capolavori con la preziosa supervisione di Nonna Gina e Mamma Angela.

La scelta, per quanto riguarda il menù, prevede tre proposte di degustazione diverse per numero e tipo di pietanze, con la possibilità di abbinare un percorso di vini o champagne, la specialità (o forse dovrei dire una delle specialità…) di Pascal, pluripremiato sommelier e impeccabile intrattenitore di sala, con Peppino a controllare che tutto proceda come deve. Il dovere di cronaca mi porta a scegliere il menù più completo (che sacrificio!) e quindi via, senza paura verso una decina di portate accompagnate da un numero non identificato di calici.

Inutile dire di non mettersi alla guida dopo un banchetto del genere, ma è sempre meglio ricordarlo.

Forza, vediamo se mi ricordo tutto. Partiamo con un amuse bouche tutto da gustare rigorosamente senza posate dove sicuramente spicca, sia per bellezza che per gusto, il pane cristallo: una piccola scultura con burro, limone, timo e un fiocco di maialino nero della Fattoria Maiella. E qui torniamo al Wild, perché molti dei prodotti che assaggerete sono davvero chilometro zero, dalla Fattoria Maiella per Villa Maiella, un plus mica da poco.

Proseguiamo uno via l’altro con i miei due piatti preferiti: la chitarra di patate con fonduta di pecorino di Farindola e “Come un carpaccio”: vitello marinato al caffè e cumino montano. Dalla montagna al mare in un battito d’occhi, proprio come in Abruzzo, e si passa al baccalà con patata e ostrica fermentata per tornare di nuovo alla terra con il cardoncello con guanciale e crema di nocciola.

Terminata la carrellata degli antipasti, si aprano le danze dei primi. Farro mantecato con tartufo estivo, ravioli di burrata allo zafferano di Pizzoferrato e lenticchie di Caprafico (i cavalli di battaglia!) e un apparentemente azzardato ma esplosivo mix di sagnette, lardo fritto e telline dell’Adriatico.

Per quanto riguarda i secondi stiamo sui classiconi del territorio. Maialino e agnello, più Abruzzo di così non si può. Tra i piatti attualmente in carta mi sento di consigliarvi anche il pomodoro a pera con pesto di basilico, la sfoglia grezza con ragù di ventricina e la pallotta cac’ e ove, immancabile in un menù che voglia davvero definirsi abruzzese. In un rilassato scorrere di pre-dessert, dessert e piccola pasticceria si conclude un’esperienza che chiamare pasto è riduttivo.

La parola che mi risuona nella mente è equilibrio. Un ricercato bilanciamento di sapori, tempi e sensazioni, e un’armonia unica tra passato e presente.

Nella part II del nostro viaggio con la Kia Sportage saremo in Puglia, alla ricerca di un’altra perla gastronomica tutta tradizione e gusto.

Stay tuned!

Consiglio: godetevi il caffè in terrazza.
Curiosità: il grande camino all’ingresso rappresenta una presentosa, tipico gioiello guardiese.
Info: Villa Maiella è anche albergo.
Il plus: Peppino, Pascal e Arcangelo sono appassionati motociclisti!

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