“Quindi hai un’Harley?” Quante volte parlando della mia passione per le due ruote ho risposto scuotendo la testa a questa domanda. D’altronde l’immagine del tatuatore con la sua bicilindrica americana è più di un luogo comune: è un classico.
Ma i luoghi comuni sono fatti per esser sfatati e quindi eccomi qui. A me, ad esempio, piacciono le sportive. Le moto da corsa, le curve… mi piace la velocità! Certo, non sono l’unico, tra i miei colleghi siamo sicuramente in tanti. Ma tra i tanti ce n’è uno che a mio parere merita un posto d’onore. Anzi, decisamente il podio.
Si chiama The Grime e tempo fa si definiva “The Valentino Rossi of Tattooing”. Un’affermazione alquanto ridondante, certo, ma non del tutto fuori luogo.

Dando anche solo una veloce occhiata alle foto sui suoi profili social, la passione per la velocità in moto si nota immediatamente. Ma ciò che gli fa meritare quel posto lì in alto sul mio podio personale, la parte più interessante di quei profili insomma, sono i suoi tatuaggi, non certo la sua velocità su due ruote in senso stretto (anche se chi lo conosce sostiene che veloce, e tanto, lo sia davvero).
The Grime è nativo del Colorado e a metà degli Anni 90, inseguendo il suo sogno di diventare un bravo tatuatore, si trasferisce a San Francisco dove può sviluppare e coltivare altre due tra le sue passioni: lo skate e i graffiti.

Qui per un periodo lavora al fianco di Marcus Pacheco, grande ed affermato interprete dell’avanguardia psichedelica e surrealista. È questa, probabilmente, la più importante influenza nella carriera di The Grime, quella che segna le fasi iniziali della sua evoluzione artistica. Oltre al mentore Pacheco, anche il newyorkese Paul Booth e lo svizzero Filip Leu sono da annoverare tra gli artisti del tatuaggio che maggiormente lo hanno influenzato.
Unendo le sue esperienze personali a queste ispirazioni, reinterpretando i classici della tradizione americana e giapponese alla continua ricerca di un miglioramento, The Grime dà il suo contributo alla crescita della scena californiana e diviene, intorno al 2010, uno degli artisti più copiati al mondo.

Nonostante la sua produzione sia piuttosto eterogenea (quanto meno coi canoni odierni, perché pare che ci sia la tendenza a preferire i tatuatori molto specializzati, con una spiccata uniformità stilistica), possiamo notare in ogni sua creazione un’impronta personale marcata, fatta di dettagli minuti, linee solide e piuttosto sottili, forme sì dinamiche, ma contorte. Oltre a un uso intenso della prospettiva e dei volumi, colori e grigi saturi e atmosfere drammatiche, spesso cupe, direi quasi demoniache, che creano immagini sempre molto potenti.
Nel settembre di qualche anno fa mancai un’occasione di incontrarlo. In quei giorni partecipò alla tappa romana di un’interessantissima tournée di rockstar del tatuaggio a stelle e strisce chiamata The Tribal Tattoo Tour. Il giorno prima erano nella mia Verona, e io anche, ovviamente. The Grime, invece, in quello stesso momento stava cercando il suo miglior tempo tra i cordoli del Mugello.
In quel tour c’erano 10 artisti, 10 mostri sacri intenti ad attraversare l’Europa con un pullman attrezzato. Come una vera rock-band. Varrà la pena parlarne, ma non ora.

Per chi, come me, volesse farsi tatuare da The Grime e magari scambiare quattro chiacchiere su moto e velocità, dovrà andare a cercarlo al Seventh Son Tattoo di San Francisco oppure nelle tattoo convention. O ancora, ma solo se siete fortunati e veloci, potete provare a stargli dietro in qualche circuito in giro per il mondo.
Get tattooed, keep the world beautiful