Il rotolamento di gomme spesse e imponenti lungo i sentieri più impervi, il movimento dei pedali, incredibilmente armonico, i sorrisi piacevolmente compiaciuti nascosti all’ombra di caschetti fluo. E soprattutto quell’adorabile sibilo intermittente, simbolo di una rivoluzione che sta investendo e travolgendo la mobilità in ogni sua espressione, influenzando di riflesso il concetto stesso e il modo di vivere il viaggio.

La bicicletta: due ruote mosse da un sistema tanto semplice quanto affascinante, al quale i tempi moderni hanno donato la mirabile forza dell’energia elettrica.

Una sorta di potere “rubato agli dei”, offerto da novelli Prometeo all’uomo comune, il cosiddetto homo disallenatus, che prima d’ora non poteva fisicamente ambire a nulla che andasse oltre la passeggiata serale sul lungomare o la biciclettata domenicale per le strade del proprio paesello/cittadina.

Profonde riflessioni pronte a depistarmi iniziano a prendere forma nella mia testa, ma sento di volerne tenere solo una, pronta da gettare sul tavolo: vuoi dire che la bici ancora una volta nella sua storia emerge come strumento di emancipazione? Nel tardo Ottocento molte, moltissime donne coraggiose furono motivate a sfidare il buon costume (e i loro assurdi corsetti) per rendere proprio questo mezzo di trasporto immediato e dall’indubbio fascino. Guadagnarono abiti più comodi e – ben più importante – autonomia di movimento.

Ora la bicicletta a pedalata assistita apre ad un pubblico ben più ampio immensi scenari di utilizzo e molteplici esperienze di viaggio coinvolgenti e uniche, prima appannaggio di appassionati dai polpacci d’acciaio.

La chiudo subito qui, ma ci sarebbe da scriverne per giorni… Di certo non è la prima volta che mi avvicino a una e-bike, così come non è la prima volta che mi appresto a vivere un’esperienza “esplorativa” accomodato sulla sua sella. Però voglio provare a interrogarmi su questo mezzo e sul suo potenziale turistico andando oltre la superficialità del trovare solamente “qualcosa di carino” da fare o dell’effetto novità di un’esperienza che va a braccetto con il rinnovato bisogno di outdoor dell’essere umano. Voglio vedere se questo “fiume in piena” travolgente e divertente nasconde nel suo letto qualche pepita d’oro che non vorrei assolutamente perdermi.

Già perché, ad oggi, ogni destinazione, ogni piccolo luogo che mi trovo a studiare, approfondire, conoscere, per piacere o per lavoro, ha ormai un immaginario strettamente legato al mondo e-bike che viene letteralmente amplificato in ogni forma comunicativa. Visitate un qualunque sito ufficiale di consorzio, regione, nazione, osservatene le foto, gli spunti di viaggio, le iniziative, il materiale informativo: tutto profumerà di emozioni a due ruote (con pedali inclusi), tanto da farvi pensare che tutto il mondo ormai si sposti così. Frotte di bici sparse nei quattro angoli del globo, pronte ad invadere tanto la natura quanto i centri urbani. Sappiamo che non è proprio così nonostante l’indotto economico di questo settore stia effettivamente esplodendo. Dunque altre domande mi assillano. Perché questa invasione comunicativa? Perché tutte queste experience pronte all’uso? Perché ovunque si vada c’è una e-bike pronta e tante opportunità per utilizzarla?

Certo, c’è del marketing, c’è il potenziale di un prodotto sostanzialmente accessibile a tutti (non tanto nei costi di acquisto quanto nel noleggio e nella semplicità di utilizzo) e ovviamente c’è il tema principe di questi tempi, che abbraccia tutto e tutti, in ogni sfumatura della propria vita: la sostenibilità.

Ahiiiiii, sento odore di ginepraio. Sento di essere su un campo minato e annuso già il borbottio di pentole a pressione pronte a esplodere ogni genere di opinione a riguardo: dalle più ariose e utopiche teorie progressiste, alle peggiori cloache di questi tempi digitali. Provo a restringere il campo quindi e vado dritto al punto, cercando di non calpestare quel che di peggio potrei trovare lungo questo percorso ad ostacoli. Facciamo così: rilassatevi con questa playlist, prima di proseguire nella lettura.

La sostenibilità è un concetto che si pensa (ragionevolmente) sia rivolto alla preservazione dell’ambiente, al correggere errori e rivedere comportamenti e abitudini fin troppo radicate che, moltiplicate per le tante (troppe) persone che popolano questo “pale blue dot” che è il nostro pianeta, stanno dando vita a stravolgimenti – per così dire – un po’ troppo repentini.

Ma proviamo a cambiare punto di vista… E se invece i primi destinatari di questa sostenibilità fossimo noi stessi prima ancora che l’ambiente? Se ciò che deve diventare sostenibile fossero le nostre sovrastrutture, le infide gabbie in cui si muovono le nostre scelte, i nostri schematismi? E pensando ai viaggi, se la vera rivoluzione sostenibile fosse nel modo in cui iniziamo a sognarli, concepirli, strutturarli? Questo fuoco che Prometeo ci ha donato potrebbe scaldare molto di più di quello che potremmo immaginare.

Penso proprio all’e-bike, al tipo di esperienza turistica che le ruota intorno, al tipo di itinerari che permette di pianificare e alla gestione di tempi e dinamiche che esso comporta. Diamine basta poco per rendersi conto che si sta stravolgendo ogni cosa! Una nuova direzione fatta non di fretta, non di bulimica fame di stimoli, luoghi e contenuti confusi da archiviare in qualche meandro della nostra memoria. È prima di tutto un invito a rallentare, ad assaporare, a dominare quella frenesia che silenziosamente ci divora non solo nella tanta bistrattata quotidianità ma anche in quei momenti liberatori che dovrebbero essere i nostri viaggi. Si prende una destinazione, ci si focalizza su un territorio, lo si studia nel dettaglio, ci si lascia incuriosire dal “microscopico” andando a fondo delle piccole realtà locali, alla ricerca di quel dettaglio, di quella sfumatura che si abbina ai nostri cromatismi. Il “piccolo” assume valore divenendo prezioso, avvicinandosi davvero al significato di esperienza che qui diventa anche conoscenza. Eccola la pepita. Mi sento già più ricco. E non finisce qui…

Guardiamo gli elementi cardine della fisica: tempo e spazio. Il primo si dilata, il secondo si accorcia.

Al diavolo il vedere più cose possibili nel minor tempo. Con l’e-bike si vedono meno cose in più tempo! Ogni colpo di pedale (con l’aiutino) segue il ritmo del respiro e del cuore. L’orizzonte si amplia, le sensazioni si aggrappano solidamente all’ippocampo. Ecco, quindi, come un “semplice” mezzo di trasporto può rovesciare dogmi così ampiamente radicati, rendendo sostenibile – prima di tutto per noi oltre che per l’ambiente e per il turismo in generale – un modo di viaggiare che stava ormai prendendo una deriva tossica.

L’occasione è davvero di quelle giuste e io metto da parte ogni esitazione… Poco importa se mi sento un po’ costretto dentro questi pantaloni elasticizzati. C’è una e-bike che mi aspetta, un percorso da assimilare a battiti lenti e non ho assolutamente fretta di vedere questo fuoco consumarsi alla svelta.

Il mezzo

  • La e-bike, fonte di divertimento e alleata di questo viaggio, è la MIG-R di Thok, azienda tutta italiana con sede ad Alba.
  • Il modello fa parte della gamma all-mountain del marchio.
  • Si rivolge ad un pubblico piuttosto eterogeneo, composto sia da rider alle prime esperienze, sia da biker più evoluti.
  • Motore EP8 firmato Shimano con due profili customizzati da Thok, associato alla batteria da 630Wh, capace di coprire senza problemi anche uscite di medio chilometraggio con dislivelli di oltre mille metri.
  • Configurazione mullet per gli pneumatici (29″ all’anteriore e 27,5″ al posteriore) e sospensioni Fox da 150 mm all’anteriore e 140 mm al posteriore con tre regolazioni.

Scopri tutto qui

Il luogo

L’esperienza esplorativa mi ha portato su alcune delle più scenografiche vette che sovrastano il lago di Como. Ho raggiunto la Val d’Intelvi salendo da Argegno, sulla sponda occidentale. Arrivati a San Fedele ho seguito la strada per il piccolo borgo di Pigra. Da lì parte il percorso che conduce all’Alpe di Colonno e successivamente all’Alpe di Lenno. Si incrociano un paio di rifugi prima dell’ultimo strappo che porta all’incantevole scenario del Rifugio Venini. Che ci si fermi a mangiare qualcosa dai ragazzi in gamba che lo gestiscono o che ci si arrangi con il classico pranzo al sacco, non si può non fermarsi nei suoi dintorni per una sosta. Da lì è tutto uno sgranare gli occhi mentre ho sfiorato il Monte Galbiga, il Monte di Tremezzo e il Monte Crocione, lungo un tracciato che pian piano si fa più stretto e tecnico. Arrivato alle fortificazioni della Linea Cadorna mi sono sdraiato per lasciarmi avvolgere dal panorama. Qualche borgo, tracce di vita di media montagna e segni di una storia che è passata anche da qui. “Poche cose”, preziose come non mai.

cosa vedere