Credo che le prossime righe siano intrinsecamente pervase da quella sana dose di imprevedibilità tipica dei cocktail estivi: ammiccanti nel colore, stimolano in maniera frizzante il palato, contengono qualche ingrediente misterioso, ma alla fine non fanno rimpiangere la scelta di averli ingurgitati.
Idee e concetti vagano nella mia testa assumendo la strana conformazione di una nebulosa dalla quale potrebbero nascere brillanti stelle o freddo vuoto cosmico. Mi piace avventurarmi lungo percorsi avvolti dalla nebbia: sai che c’è un inizio e che ci sarà un punto di arrivo, ma tutto ciò che sta in mezzo apparirà più chiaro un passo dopo l’altro. E l’incipit è una storia curiosa, fatta di contesti stimolanti e un pizzico di innocua goliardia che diventa molto, molto di più. Provo a portarvici dentro.
Il sole scotta ancora nonostante sia la fine di agosto e ci si trovi a mille metri di quota. È una di quelle estati che non vorresti finisse mai e il perché è davanti agli occhi. Percepisci una straordinaria vitalità tutt’intorno, che travolge e rinfresca con il suo mix di voci, sorrisi, grida, schiamazzi, musica. In sottofondo emergono le basse frequenze incessanti prodotte dal rollio inarrestabile delle ruote dei longboard e dei pattini in linea che sfrecciano sull’asfalto liscio. Un suono epico, che rimbomba come profondi timpani d’orchestra, riecheggiando in un minuscolo angolo dell’Alta Valtellina.

Anche da semplice spettatore, si percepisce il dinamismo emotivo di chi, indossato casco e ginocchiere, si lancia sul track a tutta velocità. Un mix contagioso tra concentrazione, adrenalina, divertimento e passione. Come quella stampata sul volto di Emilie Hirsch nei panni del compianto Jay Adams in quel capolavoro che è Lords of Dogtown. Impossibile evitare una smorfia che è più di un sorriso.

I magnifici scorci naturali che fanno da anfiteatro a tutto questo collassano all’interno di una particolare galleria apparentemente anonima, che come una sorta di buco nero sembra esercitare un’immensa forza gravitazionale su tutte le persone presenti. Il contrasto chiaro-scuro impedisce di fatto la percezione di cosa accada al suo interno fin quando non se ne varca l’ingresso.
Tutta quell’energia che all’esterno galleggiava liberamente nell’aria, dentro viene come impacchettata, compressa e rilasciata tutta d’un botto.
Il fragore delle tavole viene sostituito dalla cassa in quattro e dagli arpeggiatori che disegnano melodie ipnotiche; c’è chi chiacchiera, chi prova qualche trick e chi beve una birra. I writers dialogano con le loro muse. Qualcuno serve la polenta mentre altri magari si stanno anche innamorando, non importa di chi o cosa.
Che diavolo di posto è questo? Non si riesce ad inquadrarlo. Fantastico. Dove mi ha spinto questa volta quel domino implacabile di attrazione e curiosità che tante volte ha governato le mie scelte (giuste e sbagliate)? Ma la domanda che più di tutte affolla di dubbi la testa è “perché qui?”. Perché un evento qui? Certo, longboarding e discipline affini necessitano di contesti simili, ma natura e belle discese si possono trovare anche più a portata di mano. E allora perché spingersi in un luogo così remoto, così scomodo seppur suggestivo?
E qui c’è una storia nella storia. Perché questo posto non è solo remoto. È una località che letteralmente sarebbe potuta scomparire dalle mappe se in quel luglio del – lontano, dannazione – 1987 la montagna avesse deciso di spostare i suoi appetiti “un po’ più in là”, franando e fagocitando anche la piccola frazione di San Bartolomeo, a pochi chilometri da quel centro molto poshy che è Bormio. Il racconto sarebbe finito qui. E invece l’ineluttabile causalità degli eventi, accanitasi così ferocemente sulle altre frazioni, ha risparmiato borgo, chiesa e soprattutto i pochi abitanti. La vecchia strada, irrimediabilmente danneggiata, è stata sostituita dalla nuova statale, lasciando cadere in disuso i precedenti tratti.

Remoto e sostanzialmente isolato. Un evento qui? Sembra una barzelletta… e invece questo è il luogo perfetto per coloro che sanno osare, che non hanno bisogno di un rifugio dove nascondersi ma di un posto che le persone abbiano volontà di trovare. Isolati ma non per necessità, solo per scelta. Sì ma quale scelta? Forse quella di creare qualcosa for the ones who care – per quelli che ci tengono – coloro che vanno a prendersi ciò che gli interessa, che non cedono al muro di scuse che la propria comfort zone non smette di produrre.
Forse la nebbia si sta diradando, il percorso è ora più a fuoco. E allora aggiungiamo qualche altro elemento. Si torna nella galleria.

Cavalcando l’ondata di vibrazioni positive che si propagano rimbalzando impazzite sui muri dipinti del “buco nero”, i muscoli si fanno sempre meno tesi e il campo visivo si allarga guadagnando respiro. L’odore delle bombolette si fa intenso, tra tag, messaggi all’universo e qualche pittura rupestre di elementare oscenità. Decifrare tutto questo è un passatempo divertente, fino a quando lo sguardo si posa su quel numero di telefono scritto a caratteri cubitali in un angolo della galleria. Colpisce tremendamente perché, se si superano velocemente le proprie sovrastrutture, andando oltre la prima manciata di pensieri, si capisce subito che ci deve essere altro oltre alla goliardia. Non siamo di fronte ad una richiesta di compagnia o un’accorata ricerca di facili piaceri da bagno di autogrill. Nossignore. Il profumo di scherzo si sente ma può essere solo questo? In quella galleria chiusa normalmente al traffico?! A San Bartolomeo?! In una piega sperduta della Valtellina!!?
Basta. La curiosità è smossa, il domino si è attivato nuovamente e l’idea di andare oltre elettrizza più che mai. Sopra il numero c’è anche un nome, sicuramente non casuale. Perché chi vuol imbarazzare o, peggio ancora, infamare qualcuno, cerca vetrine ampie in grado di gonfiare il povero personalissimo ego. Dall’altra parte della cornetta ci dev’essere invece qualcuno capace di chiudere il cerchio, formato appunto da quelli che ci tengono…

Le luci, la musica, la travolgente carica di quell’evento si sono inesorabilmente spente a fine giornata ma quel numero, appiccicato al muro, continua a riposare nel silenzioso tunnel, in attesa che altri curiosi esploratori ne percepiscano l’inebriante potenziale e vadano “oltre”. In fondo questo numero è come un segnale spedito nell’universo. Infinitamente più piccolo di un ago in un pagliaio. Non vuol essere come una rete da pesca calata in mare, che incurante di ogni cosa, rastrella e raccoglie di tutto. Lontano dai grandi palchi, vuole invece interagire in maniera più intima, più diretta, solo con coloro che percepiscono ancora il brivido di piacere dell’andare in profondità, di lasciarsi guidare da una primordiale curiosità che è motivo stesso dell’evoluzione umana.
Non disdegno il mondo a portata di indice dei tempi moderni, ma ne percepisco anche i perfidi limiti che ci portano a dimenticare il senso, l’importanza e l’inspiegabile piacere nel ricercare e soprattutto nel saper aspettare, coltivando con pazienza ciò che interessa.
Un circolo virtuoso che va alimentato da chi cerca, non sottraendosi al sentiero più lento e tortuoso, mantenendo lo sguardo sempre attento, un passo più in là del previsto e del prevedibile, aprendo la mente senza il timore di trovarsi in un vicolo cieco, senza l’istintiva paura del fallimento con cui veniamo al mondo. Ma anche da chi vuol essere trovato. Il “grande pubblico” si dimostra sempre più un’illusione, un canto delle sirene che conduce su una strada di banale superficialità, fatta di bolle di sapone che ammaliano con il loro fascino pascoli di inconsapevoli distratti, per poi scoppiare senza lasciare traccia alcuna. Servono stimoli che fungano da filtri, che ricompensino le anime emotive ed empatiche, rinunciando a coloro che osservano incantati la punta dell’iceberg, perdendosi le magnifiche sfumature dei ghiacci sommersi.

Serve coraggio nel fare questo, da una parte e dall’altra, che poi quel numero sperduto qualcuno ogni tanto lo chiama davvero, con la meravigliosa semplicità di chi vuol saperne di più, magari sul luogo, sulle persone, sull’evento… e dall’altra parte una voce ogni volta sorpresa, ma mai scocciata, risponde con altrettanta naturalezza dando vita a conversazioni pulsanti, autentiche, capaci di generare scintille. Incredibile, può funzionare. L’impopolare scelta di volersi far trovare solo da coloro che provano gioia nello scavare. Anche in questo mondo dominato apparentemente da chi colleziona voracemente interazioni e consenso. Sono estasiato nell’apprendere quanto la realtà, nonostante in apparenza cerchi sempre di deludere, sappia manifestarsi in modi inaspettatamente meravigliosi. Ovvio, sempre che si abbia voglia di approfondire, giusto?
Ah, volete anche voi il numero? Non pensate di trovarlo con un giretto su Street View… Una bella caccia “al tesoro” in Alta Valtellina sarà un bellissimo diversivo per allargare gli orizzonti durante questa lunga estate.
NDR – “Al Castelàz” è un evento di freeride organizzato dall’Associazione Sbanda Brianza. Dopo le prime tre edizioni, l’evento è stato momentaneamente sospeso a causa di imponenti lavori sul territorio, ma l’area è comunque visitabile seguendo i numerosi sentieri di trekking presenti. Fateci due passi, godendovi la playlist qui sotto…