Non nascondetevi, vi vediamo lo stesso. Proprio voi, che fate binge-watching dei programmi sulle officine dei customizzatori americani; quelli che dai resti di una Plymouth Cuda pronto-sfascio tirano fuori una belva imbizzarrita oppure sfornano pick-up altissimi alimentati a etanolo e cattive intenzioni.

Se la programmazione TV vi ha messo il tarlo dell’auto “mmmericana”, spegnete il tubo catodico e fate un salto a Lissone da Mauro Valli (qui tutte le info). Uno che il tarlo, senza eccessi né attenzione alle mode, ce l’ha da più di trent’anni. Non farà nemmeno lo sforzo di provare a vendervene una, perché se arrivate da lui significa che il virus circola già liberamente dentro di voi.

Ecco la cronaca di una breve chiacchierata con un innamorato degli USA. Analogico, ma con garbo.

Si scrive Valli, si legge USA. Certe volte un breve trasferimento di trentacinque minuti per scrivere un pezzo di Wheelz può prendere la piega di un pellegrinaggio: è con quello spirito – di sacro misto a benzina a 91 ottani – che si entra al Valli Store.

Agli iniziati bastano le cinque lettere del nome. Per quelli un po’ meno sul pezzo, è sufficiente aggiungere il sottotitolo: La Bottega Americana dal 1991.

Già, perché Mauro Valli bazzica il mondo delle auto a stelle e strisce da più di trent’anni, uno di quei nomi di cui l’amico in the know ti dice “vai sul sicuro”. Se guardi i profili social, i video su YouTube o le sue apparizioni televisive, sprizza America da tutti i pori, anche se di cliché dello Zio Sam nemmeno l’ombra. Non gira per l’officina con lo Stetson in testa e non ha gli stivali con gli speroni come Clint Eastwood. Beh, in realtà un paio di americanate giuste in ufficio le ha, come l’aquila presidenziale sulla scrivania o l’arazzo dietro le spalle con i Kennedy che guardano amorevolmente la Casa Bianca.

Ma di certo non passa le giornate a tirare tappi di Jack Daniels dentro una botte di rovere, ecco. Tempo da perdere, il Valli, proprio non ne ha e la vita in officina è – ça va sans dire – un rodeo: tra l’interno di una Corvette da far rispristinare, un RAM TRX nuovo di pacca in consegna o una Jeep CJ 5 Golden Eagle appena entrata in conto vendita, di certo la giornata scorre in un baleno. E quando non sono le auto ad animare la situazione ci pensano le moto, quelle del marchio gemello American Dreams Motorcycles: le Harley-Davidson brianzole che vanno a vincere davanti a tutti alla bike week di Daytona.

Alfiere dell’auto americana in Italia. Classe 1965, Mauro Valli è un protagonista nel mondo italiano delle auto americane, che si tratti di auto d’epoca, nuove o pick-up. Con una presentazione del genere dai per scontato che tutto sia partito proprio da quelle macchine di cui lui sa tutto e che ti racconta come se fossero dei parenti e non oggetti che sono lì, in vendita. E invece no, perché l’amore per l’America nasce – come buona parte delle cose belle della vita – dal vino. O meglio, dall’enoteca dello zio, che si porta il Mauro-pischello negli States per qualche giorno a piazzare rossi e bollicine del Belpaese.

È amore a prima vista, anche per quelle macchine dai cofani lunghissimi che nascondono motori big-block otto cilindri esagerati. Quelle che ritrovi negli episodi del Tenente Colombo, dei Chips, di TJ Hooker e di buona parte della programmazione TV mattutina che ci sciroppavamo – noi millennial, privilegiati senza saperlo – durante le vacanze estive.

Il giovane Valli però non sta con le mani in mano a guardare la TV o il poster appeso in cameretta. Studia e lavora, fa il meccanico in Alfa Romeo dove si fa valere – guarda un po’ – a preparare le versioni America dei modelli di Arese. Alfette, GTV, Duetti, e soprattutto tanti motori bialbero, che non sono i V8 di Detroit, ma a sinfonia non si fanno di certo parlar dietro.

L’America chiama, Milano risponde. Più esattamente Milano Fuoristrada, tempio dei fuoristradisti meneghini negli anni Ottanta e di fatto enclave Jeep. Via Savona era sostanzialmente un quartiere distaccato di Toledo (la cittadina dell’Ohio che ospita gli stabilimenti Jeep, ndr), con processioni di CJ5, CJ7, XJ e Grand Wagoneer parcheggiate in seconda fila davanti all’officina di Luigi Lucini. Non solo weekend warrior con le gomme tacchettate e il CB, però. Gli iconici fuoristrada della AMC andavano forte nella Milano dei Paninari, dove chi si poteva permettere una Jeep diventava “troooopppooo giusto” ad honorem, altro che Timberland e felpe della Best Company.

Come sempre però il Valli resta concentrato anche in quegli anni di fuoco, dove all’officina si alternano esperienze fighe come l’assistenza tecnica ai rally raid africani (ebbene sì, nella vita ha guidato anche una tedesca: l’Unimog). Africa a parte, Milano Fuoristrada e le sue Jeep trasformano la passione del Valli in ossessione, che diventerà vera religione nel 1991 con l’apertura della prima officina in proprio.

Lissone, State of Florida. Gli affari crescono e impongono negli anni qualche trasloco, fino all’attuale sede del Valli Store a Lissone. La Brianza operosa che diventa terra di “caproni” RAM, Corvette, Challenger, Mustang e di una infinità di piccole-grandi gemme dalla produzione motoristica di importazione americana. America che per il Valli è forse l’ultimo avamposto del culto del motore, in un mondo che è progressivamente anestetizzato dalla mania del controllo e che a due gomme posteriori che fumano ad un semaforo preferisce il lane-assist. Gliela butti lì, e ti aspetti che si incendi in un’arringa di un’ora su quanto è pazzo chi ci governa o su quanto è sciocchino chi guida alla spina.

E invece no, il Valli con due parole ti illumina la via e ti mostra la strada dell’uomo saggio.

L’unica frase che ti ripete più volte durante la chiacchierata (con una pacatezza che non ti aspetti dal personaggio) è “quella roba lì non mi interessa”. Il mondo di Mauro è arrivato a plateau, quel punto in cui quello che offre oggi il convento è già troppo. L’universo che piace al Valli è arrivato all’ultima espressione di sé, un percorso evolutivo partito dall’accensione a puntine e che finisce senza appello con le diagnosi attraverso la porta OBD.

Dopo un discorso del genere ti è chiaro che Mauro non tira su la cler al mattino per vendere macchine. Lo fa per mostrarti la sua visione della tana del Bianconiglio, fatta di motori a combustione e macchine che guidi ancora con i piedi e, come dicevano gli avi, col fondo schiena. Se gli chiedi quale sarà la specialità della casa nell’era dell’auto elettrica ti risponde senza nemmeno fermarsi a pensare: auto sempre più vecchie – elettromeccaniche come le chiama lui – di quelle che hanno bisogno di te (e non viceversa).

L’orizzonte generale è più opaco, ma la nicchia è viva. Momento di de-profundis per noi praticanti endotermici? La risposta di Valli è no. Certo, il panorama generale dell’automotive è più spento anche in America, a partire dalle strade che facevano da cornice a capolavori come Easy Rider e che invece assomigliano sempre più alle grigie tangenziali nostrane.

Così come l’auto americana non è più la “macchina-fumetto” dai colori sgargianti e dalle strisce racing che tagliano in due le fiancate. Certo, puoi ancora averla così, ma la maggior parte dei clienti si concentra su cose un tempo scontate che oggi solo certe auto di Detroit trasmettono forte e chiaro: cubature dei motori, un certo tipo di trazione, il rumore. Attributi che piacciono alla nicchia dei petrolhead, che è più viva che mai come testimoniano i cars & coffe che si fanno sempre più fitti sul calendario o la corsa alle ultime icone ormai ai titoli di coda (le Last Call di Dodge o la Final Edition della Camaro, ad esempio).

I clienti cambiano: la ricerca spasmodica dell’ultima tendenza lascia il posto alla consapevolezza di essere tra gli happy few dell’auto per il piacere di guidare. La stessa gente che puoi trovare a fare il rodeo dal Valli il sabato pomeriggio. I “turisti” come chiama lui: perché in fondo per farsi un’ora in Florida basta andare a Lissone. E senza jet lag.