Tradizione e innovazione. Mainstream? Banale? Obsoleto? No. Perché è la tradizione che muove il mondo con il suo sapere, ma è il fuoco dell’innovazione che incuriosisce, brucia, spinge. E questo vale in qualsiasi ambito, dall’automotive al food. L’esempio non è casuale e se siete qui sapete il perché…

Se ne sente parlare nella moda, nell’arte, nel design, per il remake di quel brand iconico o di quell’oggetto indimenticabile. Purché sia “rivisitato in chiave moderna”, è questa la parola d’ordine. E funziona ragazzi, l’argomento tira e tira da anni senza mollare la presa: tutto quello che è “tradizionale, ma reinterpretato” ci fa impazzire, è figo, è degno di nota. Perché le radici devono restare ben salde al terreno, ma gli occhi possono, e devono, spaziare.
E proprio agli occhi affamati di rivoluzione si rivolge la nostra Jeep, evocativa nel nome, Wrangler, e moderna nei contentuti: la sigla 4xe ne indica l'anima ibrida e lo slogan che l'accompagna è, guardacaso, “l'icona si evolve”. I tempi cambiano. Andate su un qualsiasi sito web di una qualunque casa automobilistica e vi renderete conto che in bella vista, strillati a grandi caratteri, non troverete più cavalleria e prestazioni, ma autonomia della carica e dotazioni tecnologiche: schermo così, infotainment cosà. Ci piace? No, a dire il vero. È una direzione che è giusto intraprendere e che troverà tutte le sue risposte e rivincite in futuro? Chissà. Sia chiaro, non si tratta di sminuire o rifiutare l'elettrico e l'ibrido a priori, tutt'altro. Forse è solo la modalità di comunicazione che è sfuggita un po' al controllo. Ho tra le mani questo gioiellino e il mio primo pensiero non va certo alla connettività interstellare dell'abitacolo: voglio sapere quanti cavalli ho per arrampicarmi qua e là, voglio rendere onore al logo che fa bella mostra di sé sulla carrozzeria: Wrangler Unlimited.
Prima di continuare la lettura però, ecco la playlist giusta powered by Alteria per godervi al massimo questo viaggio gastronomico on the road.
Ebbene i cavalli sono tanti, 380. Trecentottanta, sì. 1995 i cc di grinta del propulsore endotermico quattro in linea. E allora via, dove si va? Dopo un lungo tratto autostradale, che la Jeep affronta comprensibilmente controvoglia guardando tutti (molto) dall’alto in basso, ci addentriamo finalmente in un ambiente più consono all’americanona, arrampicandoci tra le impervie stradine dell’Appennino modenese.

Ok, l’Appennino non è l’America ma… Asfalto gelato, buche, sterrati infiniti: non la ferma nulla. Qui la tradizione c’è e si sente tutta, l’anima dell’esploratrice senza paura non gliela toglie nessuno, nemmeno i motori elettrici sotto ai sedili. Rude anche l’aspetto della plancia e degli interni in generale, senza però rinunciare al comfort, ormai imprescindibile su auto che parlano sì la lingua del fuoristrada, ma vanno anche a prendere i bimbi fuori da scuola. Tuttofare è la parola d’ordine del momento, e ci siamo.
La Jeep è concreta, inarrestabile e innegabilmente bella lì parcheggiata con le gomme piene di fango alle pendici del Borgo di Pompeano. Qui l’aria trasuda costume e tradizione. O forse aspetta, no… Anche tortellini! L’Agriturismo Cacciatori, proprio ai piedi della rocca, offre un menù tipico fatto di ogni qualsivoglia golosità del territorio, ma a farla da padrone qui è imprescindibilmente il tortellino. Rigorosamente fatto a mano, con ripieno gelosamente custodito dalle Razdore che ne detengono stoicamente la ricetta, in brodo, alla panna o al ragù (per i meno integralisti), piccolo grande medio, accompagnato da un buon rosso locale e dalla genuinità del personale. Insomma, alle 17 siamo ancora a tavola: assaggiare tutto – o quasi – è un lavoraccio, ma per dovere di cronaca – e ovviamente solo per quello – va fatto. Come logica conseguenza del tortellino, arrivano sulla tavola gnocco fritto, crescentine, salumi, lardo, crema di lardo, formaggi & formaggini. Deliziosi, da assaporare prendendosi tutto il tempo e il relax del mondo, tanto che si è fatto buio fuori ed è davvero ora di andare.
No, non abbiamo paura del buio, non abbiamo paura di nulla con la Wranglerona, ma gli eventi mondani in centro a Modena ci attendono, la serata è lunga e il rientro a Milano è previsto l’indomani mattina presto per un altro impegno importante. Ovviamente a pranzo! E allora fiato ai motori, anche quelli elettrici dal sound poco intrigante, sgraniamo le marce della trasmissione TorqueFlite a 8 rapporti e mettiamo alla frusta la trazione integrale della 4xe per affrontare l’offroad quello vero, su e giù per i boschi dell’entroterra emiliano.
Consiglio? Non fatelo a stomaco pieno! La Sahara, seppur meno estrema e specialistica della Rubicon, non si tira indietro davanti a nulla, forte anche del telaio separato, dei ponti rigidi davanti e dietro e della presenza delle ridotte (quindi non dite che non è un fuoristrada doc o che non è più quella di una volta!). È quella di una volta, solo con qualcosa in più. Tradizione e innovazione.
L’ibrido aiuta nel consumare e inquinare un po’ meno, ma non va a inficiare nessuna delle peculiarità fuoristradistiche della Wrangler.
Il ritorno verso Milano la vede di nuovo annoiata e paciosa in autostrada (no, non è proprio il suo habitat) e poi scatenata nel traffico milanese, quando il sistema ibrido va volentieri in aiuto al 4 cilindri endotermico e dove, nonostante gli ingombri e “l’agilità” da fuoristrada americano, si divincola senza troppo imbarazzo nel caos delle auto, mettendo in gioco anche un po’ della sua rinomata arroganza. Parcheggio no problem grazie alle telecamere frontali e posteriori e via, a esplorare anche il lato innovativo della nostra food experience.
Eh sì, perché dopo la full immersion di tradizione con sua maestà il tortellino eccoci approdare, nel cuore della city, al più sbarazzino dim sum. Già di per sé una novità nella nostra cucina, ora declinato in chiave tutta italiana dai ragazzi di Ghe Sem: tre ristoranti nel capoluogo meneghino, mille colori e tanta tanta creatività, accompagnata anche da raffinati cocktail, volendo.

La filosofia è quella di prendere un prodotto estero e rivisitarlo (ecco di nuovo la nostra parola d’ordine) in chiave nostrana, dunque con ripieno alla carbonara, al pesto, alla norma e altre millemila proposte, una più godereccia dell’altra, da scoprire assolutamente tramite la degustazione proposta dal locale, godendosi poi i bis dei ripieni preferiti. E non manca il dim sum dolce alla crema di nocciola, una goduria consigliatissima per chiudere il quadro di un’esperienza di gusto unica.
Tradizione o innovazione? E chi l’ha detto che bisogna scegliere? Tradizione e innovazione correranno sempre fianco a fianco, perché per tirare fuori il meglio è così che deve andare, due correnti imprescindibili che si alimentano a vicenda. E la 4xe? Sposa perfettamente questo concetto di poliedricità, a suo agio sui terreni più hard, senza minimamente sfigurare sotto le luci della città. Wheelz approved!
