Se vuoi imparare a fare lo slalom tra i birilli e prendere la patente A questo è un insegnamento tanto banale, quanto fondamentale. Siccome penso che la moto sia molto spesso una metafora della vita, quello di tenere lo sguardo verso l’orizzonte è un buon insegnamento in assoluto. E proprio come per lo slalom in moto, c’è chi fatica ad imparare e chi invece spontaneamente tiene lo sguardo proiettato in avanti. 

Sono i visionari. E io vorrei parlarvi di uno di loro.

In una pagina interna di un piccolo giornale locale californiano del 1956 c’è una foto speciale. Sono quattro bambini che si tatuano muniti di matite colorate, e sullo sfondo un rudimentale studio di tatuaggi: è la stanza dei giochi di uno di loro.

Ed, così si chiama il proprietario dello “studio giocattolo”, ha 11 anni ed è cresciuto ammirando le braccia tatuate del padre, reduce della seconda guerra. Il conflitto mondiale, concluso da un decennio e la ancor più recente guerra di Corea avevano giocato un ruolo importante nella diffusione dei tatuaggi negli Stati Uniti.

Ma la passione porta il piccolo e tenace Ed a spingersi oltre. Non appena ottenuto il permesso di allontanarsi di qualche decina di chilometri, raggiunge in autobus un parco dei divertimenti e inizia a frequentare l’unico studio di tatuaggi, di proprietà di un certo Bert Grimm, che non gli impedisce l’accesso vista la sua tenera età. Qui guarda, ammira e copia sul proprio taccuino i disegni che vede sulle pareti e sulla pelle degli avventori.

La vocazione ormai chiara per il mondo dell’arte porta il nostro verso San Francisco dove inizia una formazione più tradizionale all’istituto d’arte, frequentando contemporaneamente gli ambienti che oggi chiameremmo della street-art, graffiti e hot-rods.  

Gli anni passano, la passione continua a crescere, Ed diventa tatuatore e decide di rinunciare alla sua carriera artistica accademica, nonostante sia stata fino a quel momento molto promettente.

La sua curiosità per l’esplorazione dei nuovi possibili orizzonti di un ancora poco sviluppato mondo del tatuaggio moderno lo avvicina a Sailor Jerry Collins di Honolulu, in quel tempo probabilmente il massimo conoscitore della magnifica arte giapponese del tatuaggio. E a questo punto la decisione di visitare l’ormai vicino impero del sol levante sembra solo una naturale conseguenza.

Qui incontra molti artisti, tra tutti il grande Nakano, conosciuto come Horiyoshi III, forse uno dei più significativi maestri del tatuaggio tradizionale del XX secolo. Coi suoi numerosi viaggi ne impara i segreti e le tradizioni e nel mentre esporta nel Giappone post bellico il fascino del tatuaggio occidentale, ma come si dice in questi casi: è un’altra, interessante storia.

Gli anni e i decenni passano, il piccolo Ed è ormai diventato il grande Don Ed Hardy, ha tracciato la strada allo sviluppo del tatuaggio occidentale moderno.

Il maestro non si è limitato a tatuare. Innumerevoli sono le sue pubblicazioni sulla cultura, la storia e le tradizioni del tatuaggio, in tempi in cui non erano molti i testi sull’argomento che si potevano trovare.

Doveroso è ricordare che è stato tra i primi tatuatori ad avere il riconoscimento artistico accademico di una mostra personale: le sue illustrazioni sono ricche colorate e mescolano la cultura del tatuaggio con la dilagante street culture californiana.

Ancor più importante, a mio avviso, è ricordare la sua importanza come mecenate. Durante una carriera lunga decenni molti sono gli artisti plasmati direttamente dalle mani del maestro, e a questo proposito ho un piccolo aneddoto personale, un ricordo al quale sono molto affezionato.

Era un soleggiato pomeriggio di settembre di tre anni fa quando ebbi l’occasione di tatuarmi con il mio eroe: il grande Leo Zulueta, altro pilastro del tatuaggio, principale promotore del tribal tattooing.

Impiegò due ore a tatuare il lato della mia testa (sono stato bravissimo: non ho mai fatto trasparire quanto male stavo sentendo!). E durante questo tempo Il maestro mi raccontò l’inizio della sua carriera. 

Esordì con questa frase: “I wouldn’t be here if it wasn’t for Ed Hardy”

Non sarei qui se non ci fosse stato Ed. Mi raccontò che lo incontrò per la prima volta nel 1981 quando si fece tatuare le braccia con sinuose fiamma nere (oggi le chiameremmo tribali, ma la parola “tribale” la usò per un tatuaggio per la prima volta proprio Ed solo qualche tempo dopo). Il maestro si accorse della passione che il giovane punk di origine filippina aveva per questo particolare stile di tatuaggi e chiese a Leo di preparare i disegni per i suoi seguenti lavori. Forse il giovane Leo non lo sapeva, ma quello fu il primo passo verso il suo apprendistato.

E così fu, poco dopo gli insegnò a tatuare, con la condizione che si sarebbe dovuto prodigare nello sviluppo di questi disegni, ispirati alle tradizioni polinesiane e del Borneo.

Così è come ebbe inizio la fantastica carriera di uno dei più iconici artisti contemporanei e di un nuovo stile che oggi, quarantadue anni dopo, chiamiamo meritatamente classico.

Don Ed Hardy è a tutti gli effetti uno dei padri del tatuaggio contemporaneo. La sua passione e la sua capacità di guardare oltre hanno plasmato il mondo del tatuaggio moderno.

Tutti noi dobbiamo un po’ della nostra passione ai grandi visionari come lui.

Get tattooed! Keep the world beautiful!