A metà tra moto e bici. Design classico con tecnologia moderna. Elegante, ecologica e nostalgica. Si chiama Elettracker e si ispira alle “board tracker”: moto dei primi anni del Novecento che potremmo definire le MotoGP di cento anni fa.

Realizzare un mezzo spinto da tecnologie moderne ma con un design ispirato alle prime moto mai realizzate, trovando un modo per aggiornare soluzioni tecniche antiche garantendo prestazioni e sicurezza moderne…
Un’idea del genere poteva venire solo a una persona come Giacomo Galbiati, in arte GDesign, che noi di Wheelz conosciamo molto bene. Vi abbiamo già raccontato alcune delle sue creazioni tra cui una Royal Enfield “portata” indietro nel tempo e una bici elettrica custom dal look vintage. Giacomo è un uomo che trasuda passione per tutto quello che fa e la sua più grande passione sono le due ruote. È un vero artista: a lui piace sperimentare, osare, creare e sorprendere. Il suo punto di forza è re-interpretare ogni veicolo secondo il suo personale stile. Tutte le sue creazioni hanno diversi elementi in comune ma ciò che accomuna ogni suo singolo progetto sono la sua dedizione, la sua attenzione per i dettagli, la sua continua ricerca dell’eccellenza e lo studio e l’approfondimento che dedica a tutti gli aspetti dei suoi lavori.

Ed ecco che dopo mesi di ricerca, approfondimenti storici e rifiniture sopraffini, Giacomo ha svelato l’ultimo progetto firmato GDesign: la “motocicletta” Elettracker, elettrica, veloce, moderna e in grado di regalare le stesse sensazioni di una vera board tracker.

Dopo aver sperimentato sia con motori endotermici sia con motori elettrici, l’idea di realizzare una sorta di “board tracker elettrica” nasce dal potente fascino che la storia delle board tracker ha suscitato in Giacomo. La E-Bike Cool di cui vi abbiamo parlato qualche mese fa è stata un’occasione ideale per studiare a fondo le dinamiche di un motore elettrico prima di mettersi a lavorare su un progetto così ambizioso.
Ma facciamo un passo indietro e scopriamo la storia di queste magnifiche moto d’anteguerra.
A BRIEF HISTORY OF BOARD TRACK RACING

La disciplina del board track racing si sviluppò soprattutto negli Stati Uniti durante gli anni dieci e venti del secolo scorso. Queste gare venivano disputate su circuiti ovali o circolari realizzati con assi di legno, economici da costruire ma estremamente costosi da mantenere nel tempo.
Il primo “board track” fu il circuito Los Angeles Motordrome, realizzato nel 1910. Basato sugli stessi principi costruttivi e sulle stesse tecniche dei velodromi europei utilizzati per le gare ciclistiche, questo circuito aveva curve con inclinazioni di 45°. I circuiti dedicati solo alle moto potevano raggiungere anche inclinazioni di 60 gradi, mentre la lunghezza poteva superare i 3 Km.
“La cosa che mi aveva stupito storicamente è quanto i signori del business di una volta avessero già compreso il potenziale di queste manifestazioni. Si parlava di investimenti di centinaia di migliaia di dollari. Si trattava di corse che offrivano un grande intrattenimento e attiravano un grande pubblico che poteva raggiungere le 80.000 presenze” ci racconta Giacomo.
Tuttavia questi ovali in legno erano estremamente pericolosi: numerosi furono i piloti vittime di incidenti ma anche diversi spettatori, che erano soliti sedersi sui bordi delle curve, persero la vita dopo essere stati travolti da moto e piloti che avevano perso il controllo del loro mezzo. Fu per incidenti come questi che la stampa ribattezzò i motordromes (in genere i circuiti più brevi e dunque più ripidi) in “murderdromes”.
Dopo la Grande depressione il board track racing scomparve praticamente del tutto a causa degli elevati costi di manutenzione e dei numerosi incidenti mortali.
Fu da queste competizioni che nacquero e crebbero i grandi nomi del motociclismo made in USA: alcuni non supereranno la crisi degli anni ’30 come Thor Motorcycles, altri esistono ancora oggi come Indian e Harley-Davidson.
ELETTRACKER BY GDESIGN

“L’estetica e la meccanica di queste moto dei primi anni del Novecento” racconta Giacomo “mi hanno sempre affascinato molto. Ho sempre voluto restaurarne una ma, al giorno d’oggi, una board tracker originale in buone condizioni può arrivare anche a 100.000 dollari, cifre inarrivabili per la gente comune”.
Giacomo ha cercato di trovare soluzioni alternative prendendo in considerazione di realizzarne una da zero sfruttando moderni motori compatti derivati da taglia erba o motori a due tempi di piccola cilindrata. Poche erano le opzioni da poter adattare a una configurazione del genere.
“Un motore originale, difficile da trovare, sarebbe costato quanto una moto intera e poi sarebbe stato da restaurare. Con motori storici come questi bisogna avere un’approfondita conoscenza meccanica, essere specializzati proprio sulle tecnologie dell’epoca…” continua Giacomo.


Da qui l’idea di sperimentare con un motore elettrico, approfittando delle capacità, delle performance e dell’anima green e cercando di coniugare il design distintivo delle board tracker con la tecnologia moderna.
Il risultato è un mezzo elettrico che sembra arrivare dal secolo scorso.
Ha l’acceleratore come una moto e i pedali come una bici. È un ibrido: potente e performante, silenzioso ed ecologico. E la scelta del motore green non ha penalizzato in alcun modo l’estetica tanto amata e desiderata da Giacomo, anzi, ha reso le cose più facili.

Il motore elettrico è inglobato nel mozzo della pedaliera mentre le due batterie da 72 volt sono alloggiate nei due “finti cilindri” dove su una classica board tracker avremmo trovato il motore a scoppio, una soluzione geniale.
Il motore ha tanta potenza da offrire, probabilmente più di quanto serva, ed è completamente configurabile tramite un app dedicata, dotata perfino di controllo vocale, gestendo la potenza erogata e impostando il grado di assistenza alla pedalata desiderata. Se il livello di assistenza verrà impostato al 100% non ci sarà bisogno di pedalare e si guiderà la Elettracker come una vera e propria moto andando ad accelerare con la manopola al manubrio, la cui sensibilità è configurabile attraverso l’app. Per quanto riguarda l’autonomia invece, le due batterie garantiscono 40 Km di range senza pedalare sfruttando il motore alla massima potenza.

Sotto la sella troviamo nascoste la centralina del motore che contiene anche il modulo Bluetooth per potersi collegare tramite l’app dedicata, più in basso i due carter fatti a mano nascondono una presa usb, l’interruttore on/off e la presa di ricarica delle batterie.
L’unico altro elemento moderno che troviamo sulla Elettracker oltre a motore e batterie è l’impianto frenante. Giacomo, infatti, ha montato dei freni a disco con pinze idrauliche con comando a cavo sia all’anteriore sia al posteriore.


La soluzione tecnica più affascinante di questo progetto è probabilmente la forcella “springer” con regolatore della durezza “fatto proprio come una volta” utilizzando un sistema di rondelle in sughero. Una forcella springer oltre a essere affascinante e a richiamare l’estetica del passato, limita l’affondamento dell’anteriore in frenata migliorandone la guidabilità in qualsiasi condizione.

“Il telaio l’ho trovato da un amico, era di una bici cruiser, inutilizzato da anni. Sono stati modificati il cannotto di sterzo e il cannotto del mozzo pedali. Inoltre sono state modificate diverse parti per poter alloggiare il motore, la pinza freno posteriore e per poter alloggiare le piastre smerigliate “a modo mio”, che vogliono regalare luminosità e una sensazione di movimento”.
Cerchi e mozzi sono stati acquistati separatamente e poi raggiati per riuscire ad avere su entrambe le ruote i freni a disco.


“Ho cercato di riprendere il più possibile il design e l’estetica delle board tracker ma con una chiave moderna, prestando particolare attenzione al tema della sicurezza introducendo l’impianto frenante e montando un ammortizzatore di sterzo” ci dice Giacomo.
Ma le sorprese della Elettracker non sono finite. La sella in cuoio dalla tipica forma delle board tracker originali è stata realizzata su misura da un amico di Giacomo. La sella è retta da due staffe, cha la sostengono e che permettono di regolarne la posizione.
Il serbatoio è un elemento puramente estetico, il manubrio invece è stato fatto da zero ed è dotato di porta smartphone.
Il tocco finale è la verniciatura con decorazioni in foglia d’oro realizzata da Arianna Crippa di Lake Design.
“Poter fare un servizio fotografico in uno storico velodromo italiano è stata una grande emozione, un’esperienza incredibile. Ho anche avuto la grande di fortuna di fare qualche giro di pista. Ero un po’ titubante a sfidare le paraboliche con un’inclinazione che va dai 5° ai 45°… più si va veloce più si è sicuri. Alla fine è stato un grandissimo divertimento e non mi sarei mai fermato.
Ho sognato e desiderato questo progetto, ho fatto tanta ricerca, ho voluto metterci emozione e innovazione, istinto e ragione… Chi mi conosce sa quanto io ami l’attenzione per i dettagli e la cura di ogni particolare… penso che raccontino molto di me e della mia passione. Sono contento di come questo progetto si sia concluso”.
Giacomo ormai lo conosciamo da un po’… conosciamo il suo amore, la sua passione per le due ruote e per tutti i veicoli dei primi anni del 1900. Giacomo è un artigiano che ama la velocità e l’arte e che riesce a trasmettere emozioni con i suoi lavori. Con la Elettracker ha raggiunto un nuovo livello e ha messo a frutto tutta l’esperienza maturata nei suoi precedenti progetti. Bravo!
P.S. per tutti gli amanti delle “moto vere” Giacomo ci ha svelato in anteprima che con il suo prossimo progetto tornare a cimentarsi con un classico motore a benzina… italiano.