Questa storia inizia un po’ come una di quelle barzellette sconce di una volta: “C’erano un’americana, una tedesca e una russa”. Qui però, come in un harem degno di un film erotico Anni 70, al festino si sono aggiunte pure un paio di ruspanti italiane, due inglesi di gran classe e pure due giapponesine terribili.

L’argomento di oggi sono i fuoristrada, perché questa è la Wild Issue e nulla è più wild di un 4×4. Punto.

Ora, non voglio annoiarvi con lezioni di tecnica o di guida in offroad e neppure farvi l’elenco di tutte le vetture 4×4 prodotte dalle origini ad oggi. Mi limiterò a raccontarvi brevemente la storia del come e perchè sono nate. E a presentarvi quelle che, a mio parere, rappresentano le regine di questa categoria. Un po’ come le supertopmodel degli Anni 90, solo che qui parliamo di quattroruote.

Questa volta iniziamo dagli States. Si sa, gli yankees mi stanno abbastanza simpatici, soprattutto per i bicilindrici a V di Milwaukee, i poderosi motori V8 Hemi e le Colt, ma hanno a volte hanno la fastidiosa supponenza di aver inventato anche l’acqua calda. Se dai loro un po’ di spago, sarebbero capaci di raccontarti che hanno inventato pure le caravelle che ha usato il nostro Cristoforo Colombo per scoprire le Americhe.

Su una cosa però dobbiamo rendere loro merito. È grazie all’ingegno bellico a stelle e strisce se oggi possiamo poggiare i nostri nobili culi su questi nerboruti mezzi, che ci permettono di affrontare qualsiasi terreno con relativa sicurezza e ci fanno sentire come gli eroi del Camel Trophy (di questo potete leggere tutto qui, nella cover story di settembre), anche quando stiamo andando all’Ikea di sabato pomeriggio sotto una leggera pioggia primaverile.

La pin-up

Tutto nasce nel 1940, all’alba della Seconda Guerra mondiale, quando lo US Army si accorge di aver bisogno di un mezzo agile che si possa muovere su qualsiasi terreno. Il Quartermaster Corps (il servizio che si occupava di tutti i mezzi di sussistenza) emise le specifiche per un veicolo da ricognizione 4×4 leggero e incaricò i produttori di auto americani di realizzarlo. La prima a produrlo fu la American-Bantam, ma era troppo pesante. I disegni però arrivarono in qualche modo anche a Ford e Willys-Overland che realizzarono le loro versioni. Dopo aver commissionato veicoli a tutti e tre i produttori (le Bantam prodotte finirono in Europa) nel 1941 l’esercito si orientò definitivamente sulla Willys MB, prodotta sia da Overland che da Ford, all’inizio. Era un veicolo semplice, con un motore 2.2 da circa 60 cavalli e una velocità che superava agevolmente i 100 km/h. Trazione posteriore con 4×4 e ridotte inseribili manualmente. Insomma, fu la nascita della madre di tutti i fuoristrada moderni. Ovviamente la vettura fu poi modificata in base alle varie esigenze, ma il concetto rimase lo stesso per decenni e fu di ispirazione per tanti altri produttori, anche europei. Piccola pillola: il nome Jeep deriva dalla denominazione militare della vettura, che era GP (General Purpose), nel tempo abbreviata in Jeep, appunto. Nome diventato poi il brand, anzi il termine di uso comune per identificare qualsiasi vettura fuoristrada. La sua diretta discendente, la Jeep Wrangler, è tutt’ora in commercio, da decenni leader di vendita nel mercato fuoristrada grazie al felice connubio tra grinta a stelle e striscie e cura italiana. Adesso che monta un bel 2.0 turbodiesel non ci sono più scuse per non correre ad accaparrarsene una, anche se io sono sempre un grande affezionato del poderoso 2.8 CRD da 200 cv. Con quello ci puoi trainare il Titanic! Estetica senza tempo, è la vettura simbolo di libertà per eccellenza, da guidare rigorosamente scoperta e con la musica a palla. Che sia una CJ7 (chi non ricorda la mitica Dixie guidata dalla splendida Daisy Duke) una TJ o una JK, poco cambia. Alla guida di questo mezzo vi sentirete sempre pronti ad affrontare qualsiasi avventura.

La cugina dagli occhi a mandorla

E i nostri ingegnosi amici del Sol Levante potevano stare a guardare con le mani in mano? Se c’è una cosa che i Giappo sapevano fare bene era prendere un buon progetto esistente, fare un gran lavoro di reverse engineering, carpirne i segreti e rifarlo, raggiungendo vette di eccellenza tecnica sconosciute per tutti gli altri. L’armata imperiale nipponica infatti, dopo aver visto all’opera le Jeep durante la Seconda Guerra, rimase così colpita dall’efficacia e dall’agilità dei mezzi americani che decise di portarne in patria qualche esemplare e di replicarlo secondo le loro rigide specifiche. Il risultato fu così eccezionale che gli USA (che dopo la guerra intavolarono un’importante partnership commerciale proprio con il Giappone) ordinarono cento veicoli, chiamati Toyota Jeep BJ, indispensabili per la guerra di Corea nel 1951.

La sigla BJ vi dice niente? Ebbene è proprio lei, la leggendaria vettura che permise ai giapponesi di battere (a livello tecnico) gli americani nel loro campo. La BJ, o più comunemente Land Cruiser, forse il fuoristrada più efficace, affidabile e longevo della storia. Certo, nel tempo è diventato “civile” e le linee si sono un po’ ammorbidite, ma lo spirito indomito è sempre lo stesso. Talmente inossidabile e indistruttibile che non c’è ambiente in cui non ci si possa imbattere in qualche esemplare, nuovo o vecchio che sia. Dall’Outback australiano ai deserti mediorentiali, dai tropici all’Africa, in mano a turisti, avventurieri, eserciti regolari o milizie (chi non ricorda le famigerate “tecniche” in Black Hawk Down?), la Land Cruiser, nelle sue molteplici versioni, è probabilmente anche il fuoristrada più diffuso al mondo.

Ricordo a tal proposito un consiglio che mi diede un vecchio fuoristradista: “Ragazzo prenditi una Toyota. Se ti si ferma in mezzo al deserto, stai pur certo che il primo beduino che passa di lì ha qualche ricambio giapponese nella bisaccia”.

Bene adesso che vi ho illustrato la genesi del favoloso mondo dei fuoristrada, potrei spararvi 37 pagine di spiagazioni tecniche, manuali, storie e leggende su questi veicoli che amo tanto. Paura eh?

Dai, non sono così perfido. E poi ho appena messo su la pasta per farmi una carbonara, non vorrei mi andasse lunga, quindi rapido e conciso vi faccio vedere quali sono le mie super top model 4×4, quelle che per fascino, stile e successo hanno tracciato un solco (anzi 2) nella storia.

Le prime due le avete appena conosciute sopra, ora stappatevi una birra che vi presento le loro amiche.

 

“Le sorelline inglesi”

Parliamo ovviamente di Defender e Range Rover, che rappresentano i due modi in cui Land Rover concepisce l’offroad. Spartana efficacia da una parte, pratica eleganza dall’altra.

Su Defender ci sarebbe così tanto da scrivere che meriterebbe un articolo a sé. Vi ho già accennato delle versioni speciali “Tan” del Camel Trophy, ma la sua storia inizia molto prima. Nel lontano 1948, infatti, il Governo inglese impose alla Rover la produzioni di mezzi meno elitari, per agevolare la ripresa economica del dopoguerra. Il buon Maurice Wilks, allora, prese spunto dalle Willys americane (n’altra volta!) e disegnò una vettura all terrain a trazione integrale, agile e veloce, mossa da un 4 cilindri 1.6. Particolarità per l’epoca erano la carrozzeria realizzata in Birmabright (una lega di alluminio e magnesio già usata per le carlinghe degli aerei) e il telaio scatolato.

Caratteristiche che sono arrivate fino ai giorni nostri in svariate versioni, dal 1948 al 29/01/2016, quando uscì dalla fabbrica di Souhill l’ultima delle 2.000.000 di vetture prodotte. A livello tecnico degna di nota l’adozione della trazione integrale permanente (al posto del 4×4 inseribile manualmente) con blocco dei differenziali e le 6 marce per renderla più fruibile su asfalto.

Defender (denominazione coniata negli Anni 90 per non confonderla con la Discovery) ha avuto un successo planetario, conquistando Winston Churchill, James Bond, la Famiglia Reale Britannica e l’esercito di Sua Maestà, che ne ha fatto il suo mezzo caratteristico (dalla fine degli Anni 90 è stata adottata anche da Carabinieri ed Esercito in Italia). Purtroppo alla fine è stata sacrificata sull’altare delle restrittive norme antinquinamento vigenti. Una curiosità: all’uscita della serie III Land Rover adottò la mascherina in materiale plastico al posto di quella metallica, suscitando le lamentele dei clienti australiani che usavano la mascherina in acciaio come graticola per barbeque improvvisati durante le scorribande nell’Outback!

Citarvi tutte i modelli e le versioni, anche speciali, di questo leggendario mezzo sarebbe impossibile. Ma a proposito di versioni militari, la più celebre è stata la Pink Panther, in uso nei teatri di guerra del medio oriente negli anni 60/70 (e diretta discendente delle Jeep dei LRDP che terrorizzavano Rommel & Co nelle 2° guerra mondiale). Era una versione da ricognizione a passo lungo armata di mitragliatrice pesante, armi anticarro e attrezzata per il trasporto di squadre di Forze Speciali (lo Special Air Service britannico, uno dei più micidiali reparti al mondo). Il nome è dovuto al particolare colore rosa, che dopo svariate prove, risultò il più efficace per confondersi con la sabbia del deserto.

A far buona compagnia alla rude Defender c’è poi l’elegantissima Range Rover. È la classica inglese snob, elegante e austera come una vera lady, la classe fatta 4×4. Buona per una battuta di caccia nella brughiera dello Yorkshire (rigorosamente con giacca in tweed e stivali Wellington) quanto per la prima alla Royal Opera House di Londra. È nata nel 1970 ed è ancora oggi in produzione, simbolo del lusso e della classe su 4 ruote motrici, praticamente un salotto con cui arrampicarsi dappertutto. Non c’è film inglese in cui il boss di turno non scenda da questa ammiraglia. Ultimamente la parte del leone (a livello di vendite) la fa la versione Sport, ma la vera Range Rover per i puristi rimarrà sempre la versione Vogue.

La spia che venne dall’est

Come in un perfetto libro di spionaggio di Le Carrè non poteva mancare la protagonista russa. Fredda, efficace, indistruttibile. Nel 1976 il regime sovietico pensò bene di motorizzare l’intera unione e fra le prescelte ci fu proprio la Lada Niva. Prodotta fin dal 1977 in quel di Togliatti (per gli italiani Togliattigrad, quella famosa per la vodka e la gare di speedway su ghiaccio, ricordate?). A Togliatti infatti il regime e la Fiat crearono dagli Anni 60 il complesso di Vaz, 5 milioni di metri quadri di stabilimenti con 270 km di linee produttive da dove usciva questa vettura, tecnicamente uno dei primi SUV, in quanto si muoveva agevolmente sia su strada che in fuoristrada. All’inizio montava il glorioso 1.6 benzina a carburatore della Fiat 1500, poi portato a 1.7, aggiornato ed utilizzato ancora oggi! Non era sicuramente famosa per l’estetica ricercata, piuttosto per essere praticamente indistruttibile e per funzionare SEMPRE. Un po’ la stessa logica utilizzata da Michail Kalasnikov per il celebre fucile russo.

L’algida tedesca

Correva l’anno 1979 quando mamma Mercedes Benz pensò di disegnare quella che (con la 911 di Porsche) è la più iconica e riconoscibile linea mai vista su un’auto di produzione. In quell’anno nacque infatti la GelandeWagen, per tutti la G. Talmente fedele a se stessa e alla sua stessa linea che se prendete una G attuale (sì, è ancora in produzione) e la confrontate con le prime, vedrete che, a parte qualche leggero “lifting”, è sempre la stessa di 44 anni fa. Tant’è che il claim per questa opera d’arte è “Stronger than time”. 44 anni di evoluzioni che l’hanno portata a diventare una vera e propria icona di stile ed efficacia, oggi simbolo di lusso ed esclusività, senza mai rinunciare a quelle caratteristiche tecniche di prim’ordine (3 differenziali bloccabili, motori fino a 700 cv, addirittura versioni a 6 ruote motrici) che permettono ad ogni esemplare di affrontare i percorsi del temibile Schöckl, la montagna nei dintorni di Graz, dove storicamente la G viene prodotta negli stabilimenti Steyr.

Considerata praticamente un carroarmato su strada e utilizzata con apposite blindature da sceicchi, oligarchi e celebrità varie, la G è anche famosa per la sua versione dedicata al Pontefice, la cosiddetta Papamobile. Livrea bianca con finiture dorate, è stata prodotta in diversi esemplari secondo le specifiche del Vaticano, sempre con una speciale “cupola” antiproiettile che permetteva al Papa di poter essere visto  dalla folla, pur rimanendo protetto e al riparo.

L’italiana tutta pepe

Tra tutte queste bellezze oltre confine non possiamo dimenticarci della nostra Panda 4×4, uno dei fuoristrada più efficaci mai concepiti. Leggera, agile, semplice, ma dotata di quel fascino trasversale che le permetteva di essere una delle vetture preferite dall’Avvocato Agnelli (leggendarie le sue escursioni a Saint Moritz a bordo della Panda 4×4 argento con i doppi profili blu e neri tipici delle sue vetture personalizzate) o la vettura d’elezione di cacciatori (tra gli altri il grande Roby Baggio), boscaioli ed amanti della montagna, che cercavano un mezzo spartano, economico ed efficace su qualsiasi terreno. Prodotta anche questa negli stabilimenti Steyr-Puch in Austria, nelle versioni più diffuse montava un piccolo 1.1 Fire da 54 cv, trazione integrale permanente. Niente ridotte, ma il famoso primino che le permetteva di affrontare con disinvoltura anche le pendenze più ostiche, aiutata anche dal peso piuma di poco più di 700 kg. È una vettura con la quale puoi avventurarti a mulattiere e poi scendere a fare lo struscio a Cortina con Moncler, Timberland e calze Burlington, e ci farai sempre la tua suina figura.

Le maggiorate

Qui siamo ad uno scontro fra titani, un po’ come mettere a confronto Pamela Anderson e Serena Grandi. L’Americana spavalda e intraprendente e la giunonica Italiana dal fascino ruspane, quasi felliniano. Parliamo di due vetture molto simili come concetto. Carreggiate larghissime, passi esagerati, ruote enormi, motori ignorantissimi che solo ad accenderli provocavi una crisi di panico tra i pinguini in Antartide.

L’Hummer H1 è di chiara derivazione militare, la mitica Humvee, divenuta celebre durante la Prima Guerra del golfo, quando le vedevamo sfrecciare aggressive tra il deserto e le rocce, pesantemente armate, sembravano inarrestabili. Divenne presto la vettura preferita di VIP (celebre la frase di Schwarzy “volevo un mezzo che riflettesse la mia personalità”) e celebrità dell’hip hop made in USA, quali Eminem, Coolio, Dr Dre e il compianto Tupac. Ebbe un discreto successo anche in Italia, soprattutto nella versione “piccola”, si fa per dire, H2.

E l’Italiana? Guarda caso è direttamente collegata alla storia qui sopra. Pochi sanno, infatti, che quel genio di Lamborghini alla fine degli Anni 70 partecipò con la Cheetah alla gara d’appalto indetta dall’Esercito USA che voleva dotarsi di un mezzo tuttoterreno per sostituire le vecchie Willys. Gara poi vinta dalla AM General con la Humvee appunto, ma il fascino della LM002 (questa la sigla della casa di Sant’Agata) fu comunque apprezzata, in quanto si poteva fregiare di essere il primo fuoristrada con prestazioni da Supercar, capace di 210 km/h e di uno spaventoso 0-100 in 7.8 secondi! Ovviamente, la clientela che poteva permettersi tanta abbondanza si contava sulle dita di una mano ed era costituita principalmente da sceicchi e principi arabi, ma il più famoso estimatore fu senz’altro Sylvester Stallone, che fra l’altro proprio in quegli anni se la giocava con Schwarzy su chi fosse il più cazzuto attore action. Guarda caso…