Cosa ne sarà dello skateboarding…

Sei nato tra il ’70 e l’80, a quattordici anni ti ritrovi dritto negli anni 90 dove i Nirvana, i Greenday, i NOXF, i Fugazi e i Fu Manchu sono la tua colonna sonora. I pomeriggi post scuola passano lenti con i piedi incollati sulla tavola, vestito tutto largo, con un walkman ingombrante. Il cerchietto in metallo delle cuffie stringe sulla testa. La tavola ha una strana forma, oggi detta old school, e fieri della grafica fluo/psichedelica ci si aggira a grindare marciapiedi e piazze tra lo sdegno dei passanti. Alla sera i VHS raccattati al noleggio passano la scena skate USA e ci si addormenta sognando lunghi passamano e rampe altissime.

(foto dal libro Silver. Skate. Seventies di Hugh Holland)

Crescendo e addentrandosi nell’adolescenza, le bande di skaters spuntano come funghi ed iniziano ad avere i loro spot di ritrovo: skatepark primitivi con strutture improvvisate e spesso inskeitabili si iniziano ad intravedere in qualche anfratto della città. Nascono i primi contest, chi fa l’ollie più alto ha il rispetto di tutti.

In Italia, qualcosa di nuovo sta maturando. Una cultura vera che deriva da uno stile di vita punk nel modo di affrontare i pomeriggi. Skate, crew, musica, chi porta gli spray per taggare i muri, chi porta delle birre, qualcuno fuma dell’erba.

Sulla tavola si corre veloce. La scena è viva, l’economia è in crescita e il processo tecnologico avanza. Si sperimenta, cambiano le forme, nuovi brand si affacciano sul mercato. La tavola assume una forma da biscotto Plasmon e lo stile dello skateboarding passa ad un livello successivo. Il pop diventa esplosivo, ora si parla anche di Nollie, i flip iniziano a prendere piede e se vuoi essere qualcuno devi almeno essere in grado di saltare una decina di gradini.

Era il ‘98, quando viene ufficializzato il primo Campionato Italiano indipendente di skateboard.

Dentro agli anni zero i cd masterizzati fanno risparmiare qualche soldo. C’è chi dal punk californiano passa alla techno delle discoteche bresciane. Si diffondono i primi veri skatepark, molti dei quali costruiti senza criterio. Qualcosa inizia a muoversi nella testa delle amministrazioni comunali. Nascosta agli occhi degli skater, la Federazione, l’allora FIHP (Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio) si muove tra le discipline a rotelle creando le basi per dare una voce concreta allo skateboarding.

La crescita della tecnologia è inarrestabile e l’esigenza di trovare un’innovazione per far girare l’economia che sta vacillando, ci propone la rivisitazione delle lunghe tavole da skateboard. I materiali sono più resistenti e flessibili, i truck diventano snodati, le ruote grandi e morbide. Velocità e fluidità, dalla città si esce sulla collina e lo skateboard downhill, che mette le sue basi negli anni 70/80, esplode grazie a tavole apposite e ad un nuovo approccio stilistico. La comunicazione crea un’immagine collettiva Hipster. Video promozionali con colonne sonore di gruppi Indie, girati tra lunghe strade che attraversano le colline australiane. Libertà di movimento e velocità attirano l’attenzione su una nuova disciplina dello skateboariding.

Il longboard si diffonde. Si formano le prime crew e i primi eventi di downhill nei quali realizzi che non sarai mai hipster come i tipi dei video. Chiappe brasate, pantaloni strappati, pezzi di tagliere utilizzati come puck incollati su guanti da lavoro. Un nuovo dress code fatto di rappezzi per sperimentare e capire come fare una slide per fermare questi missili in discesa, prendendo meno cartelle possibili.

Lo skateboard street e lo skateboard downhill evolvono anche in federazione. I numeri dei tesserati salgono, si crea una didattica e nascono le prime skate school con istruttori certificati.

Qualcuno twitta “Questo non è fare skateboard”.

Arriva l’annuncio che lo skateboarding farà il suo debutto alle olimpiadi con i giochi di Tokio 2020, ed improvvisamente viene chiamato “sport”. Enti, scuole e case di moda si accorgono dell’esistenza della tavola a rotelle. Gli skatepark assumono forme più sinuose e con una loro logica.

Le contaminazioni sono tante. La tecnologia crea nuove tipologie di tavole e truck, pur di stare al passo con le vendite. Arrivano sul mercato le tavole da Dancing e da Surf Skate. Lo stile diventa molto flow e pulito richiamando passi di danza e trasportando sulla terra ferma i movimenti da onda. La musica surfing è tornata a rompere le palle.

Il lock down ci ferma tutti. Tempo per schiarire le idee e riorganizzarsi. Si riparte con numeri alti, lo skateboard è tra gli attrezzi sportivi più venduti.

Le associazioni affiliate a FISR (il nuovo nome della Federazione Italiana Sport Rotellistici) e le skate school si moltiplicano. Gli eventi e le gare di Campionato Italiano sono sold out. Lo skateboarding in federazione adesso ha un peso.

Gli eventi di skateboard sono numerosi e si distribuiscono su tutto lo stivale. Sbanda Brianza moltiplica gli eventi di longboard coinvolgendo riderz da tutta Italia e tutto il mondo. La musica punk si riprende la scena sotto forma di un Punk Rock più raffinato. 

Questo mese partiamo per i mondiali in Argentina con una delegazione di 4 atleti per la categoria Vert e 8 atleti per la categoria Downhill. Lo skateboard Italiano comunque vada si farà notare per la sua organizzazione ed affiatamento.

A proposito, qui i risultati della spedizione e le news sull’attività di ITALIAN SKATEBOARDING COMMISSION: http://www.italianskateboarding.org/

 Il livello tecnico si alza sempre di più. Le sigarette iniziano ad essere sostituite da schede di potenziamento e flessibilità. La smania di alzare l’asticella è un’esigenza. Le nuove leve hanno un approccio sportivo derivante da una base di nozioni consolidate con la skate school del proprio paesello. Spesso “vado a skeitare” si traduce in: “vado ad allenarmi”. Sta ai più grandi tentare di far apprendere che cos’è realmente la cultura skateboard.

Oggi sono 5 gli istruttori Sbanda Brianza certificati FISR specializzati nelle discipline street e Downhill. E sono 5 gli alteti Sbanda Brianza convocati nella selezione Nazionale. Se ti vuoi mettere in gioco, qui ci sono tutte le info del caso: https://sbandabrianza.com/info-corsi/

Si guarda avanti. Le tavole ollano sempre più alto. I longboard si accorciano ma grippano ancora di più l’asfalto. Le skate school sono tantissime e si contendono gli spot. I trick diventano più stilosi e le uscite dalla bowl diventano impressionanti. L’algoritmo di Spotify gira musica random, dentro cuffie senza fili, con la supponenza di conoscere tutto di te. Si attendono le prossime olimpiadi e fin da bambino ti mettono la tavola sotto i piedi pure a scuola, anche se poi magari non ti interessa molto. 

C’è una consapevolezza consolidata: siamo punkettoni nostalgici dentro un percorso di crescita che può solo migliorare lo skateboarding alzando il livello tecnico sportivo. Ma, non chiamatelo sport…