Red Hot Chili Peppers. Ecco a cosa ho pensato quando ho saputo che avremmo parlato di ghiaccio. Ma andiamo per gradi, quelli della mia stravagante associazione di idee.
Erano gli Anni 90, anni di cambiamento, in molte parti d’Europa gli anni dell’emancipazione del mondo del tatuaggio. Alcuni artisti contribuirono in maniera particolare a far cambiare le cose e credo che un posto speciale lo meriti il grande, in tutti i sensi, imponente, Henk Schiffmacher, conosciuto come Hanky Panky, che dal suo noto negozio di Amsterdam ha diffuso la cultura del tatuaggio, pubblicando libri, curando un importante museo della storia del tatuaggio e anche tatuando un certo numero di rockstar planetarie. Tra tutti ricordo quando tatuò Anthony Kiedis. Come non citare i due tribali intorno ai bicipiti e soprattutto la bellissima aquila d’ispirazione Haida sulla parte alta della schiena. È da allora che quei tatuaggi esercitano un fascino speciale su di me.
Si tratta di tatuaggi dall’impatto forte, linee spesse e motivi semplici neri con una certa quantità di particolari rossi, motivi comuni anche ad altre forme di arte pittorica o scultorea che caratterizzano quelle culture. A questo proposito, secondo gli storici della cultura Haida, il tatuaggio fa parte della tradizione da più di 3500 anni e fu di ispirazione per la realizzazione dei totem, e non il contrario. Spesso i tatuaggi raffigurano animali come aquile o corvi, orche o salmoni, orsi o lupi, ma anche soli o lune.
Ed ecco come dal ghiaccio sono arrivato ai Red Hot passando attraverso i tatuaggi. A volte le associazioni mentali sono curiose, in alcuni casi anche un po’ forzate. Perché è vero che la cultura Haida è originaria del Canada e dell’Alaska, posti freddi senza dubbio, ma di ghiaccio pare non se ne veda poi così tanto. Ma a questo punto, visto che ormai ne ho scritto fino a qui, non mi lascio scappare la possibilità di parlare di questa poco nota tradizione del tatuaggio tribale che tanto mi attira.

Il tatuaggio rituale “ki-na”, solitamente adorna il petto, i piedi, le cosce e le braccia e indica l’appartenenza a una famiglia, a un clan o a un particolare territorio. Si tratta di disegni molto antichi che vengono ereditati dalle generazioni precedenti.
Come si intuisce dai soggetti, gli Haida sono molto legati alla propria terra, alla natura e ai suoi elementi, ma si creano anche delle connessioni magiche con gli animali tatuati, considerati delle creature dotate di poteri sovrannaturali.
Tradizionalmente si tatua con strumenti appuntiti ricavati da ossa animali o vertebre di pesce montate su impugnature di legno. Gli artisti Haida hanno la peculiarità di usare il nero ottenuto dalla magnetite o dal nero fumo e, come dicevamo, il rosso, probabilmente proveniente dall’ematite.
Il rito del tatuaggio, accessibile a uomini e donne una volta adulti, avviene durante una cerimonia chiamata “potlatch” durante la quale un tatuatore, a volte un professionista esterno alla tribù, dopo aver disegnato lo stemma prescelto con l’inchiostro esegue il tatuaggio con una tecnica che prevede l’uso di una bacchetta per colpire lo strumento dove è montato l’utensile acuminato. A questo punto la parte viene cosparsa con dell’altro inchiostro e massaggiata per favorirne la penetrazione. Questa tecnica è molto simile a quella utilizzata in altre culture tribali, a volte anche a decine di migliaia di chilometri di distanza: non è una cosa molto affascinante?

Nelle sue interpretazioni in chiave contemporanea il tatuaggio di ispirazione Haida offre grandi potenzialità. Ben si presta a essere realizzato come “spot” di piccole dimensioni ed essere posizionato sul corpo un po’ come faremmo per un tatuaggio tradizionale all’americana. Ma immaginatelo anche di grandi dimensioni, per decorare braccia intere, gambe o schiene con soggetti che ben si prestano alle movenze plastiche tipiche del tatuaggio tribale, con la forza e la potenza del nero che contrasta perfettamente con i brillanti dettagli rossi.
Immaginiamo l’aquila sulla schiena di Anthony Kiedis, però ingrandendola fino ad estendersi a tutta la schiena, quasi avvolgendola, con una maggior dinamicità delle linee, ancor più spesse e massicce, ma con movimenti più attenti all’anatomia. Parafrasando un popolare bumper sticker bianco e rosso di Hanky Panky di tanti anni fa: “GET TATTOOED, keep the world beautiful!”.