Thomas Jakel e Dulcie Mativo sono i protagonisti di un’avventura lunga tanto quanto l’intero continente africano: lo hanno attraversato in sella a una Zero DSR Black Forest Edition, dal Marocco fino a Johannesburg.
Un viaggio lungo 6 mesi, che li ha portati ad attraversare 20 Paesi, percorrendo 15.000km in sella a una moto elettrica, tutto ciò intervistando 100 changemakers e innovatori, donne e uomini che con i loro progetti stanno cercando di rendere il mondo un posto migliore e di offrire nuove opportunità a comunità in difficoltà.

Abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Thomas, un uomo pieno di energie, sempre sorridente e con il desiderio di fare la differenza, di condividere con il mondo storie che possano ispirare tutti a fare di più e a inseguire i propri sogni.
Thomas ci ha raccontato dell’esperienza in sella alla DSR Black Forest Edition, la touring firmata da Zero Motorcycles, tra imprevisti, sorprese e momenti indimenticabili.
AfricaX, questo il nome dato a questo progetto, a questa avventura. Una vera e propria spedizione durante la quale Thomas e Dulcie hanno intervistato i fondatori di start-up di diversi settori: mobilità, energia, agricoltura, sanità, servizi igienico-sanitari, istruzione e molti altri.
Ma questa non è stata la prima avventura che Thomas ha intrapreso…

Ciao Thomas, questa non è la tua prima avventura in giro per il mondo. Nel 2012 dalla Germania sei arrivato in India in bicicletta mentre nel 2014 sempre dalla Germania sei arrivato in Russia camminando e facendo autostop, tutto ciò sempre per raccogliere donazioni da dare in beneficenza. Come sei finito ad attraversare il continente africano su una moto elettrica?
Nel 2012 non avevo ancora la patente per la moto e pedalare fino in India era per me un’idea stimolante.
La prima volta che sono salito su una moto è stato nel 2015. Ho fatto la patente e ho acquistato una moto a benzina e da allora non sono più sceso.
Credo di aver avuto nel retro della mia testa l’idea o l’ispirazione di viaggiare in Africa con una moto per molto tempo.
Perché hai deciso di intraprendere un’avventura così impegnativa con una moto elettrica? Perché hai scelto la Zero Motorcycles DSR Black Forest?
Come ho detto, all’inizio volevo semplicemente viaggiare attraversando l’Africa in moto. Avevo portato la mia moto a benzina in Spagna ma mi sembrava mancasse qualcosa, non mi sentivo ispirato, non ero del tutto convinto. Così ho lasciato la mia moto in Spagna.
Un anno dopo ho letto la storia di un canadese che voleva attraversare l’Africa con una macchina elettrica. Questa storia mi ha colpito e ho capito di voler vivere questa avventura su una moto elettrica.
Ho cominciato a fare delle ricerche… moto elettriche adatte a un viaggio overland, autonomia, modalità di ricarica, e mi sono imbattuto in Zero Motorcycles che aveva appena presentato la Zero DSR Black Forest. Era il 2019.
Quando l’ho vista mi sono detto “Questa è la moto che voglio!”. Guardandola mi sembrava fatta apposta per l’Africa, nonostante il nome “Foresta Nera” a me sembrava la moto perfetta per superare tutto il fango e tutta l’acqua che avrei incontrato. Inoltre era la moto elettrica con l’autonomia maggiore che avessi trovato.
Ho parlato con Zero Motorcycles, pieno di entusiasmo, e ho detto “O parto con questa moto o non parto affatto”.


Com’è stata l’esperienza in sella alla Zero Motorcycles DSR Black Forest?
La DSR Black Forest si è rivelata essere comoda, una moto perfetta per la nostra avventura. Ovviamente abbiamo dovuto affrontare tante sfide e superare tanti problemi ma l’esperienza di guida è stata una vera goduria e la moto è stata davvero affidabile.
Per esempio quando abbiamo attraversato il Sahara era entrata della sabbia nel blocchetto di accensione che impediva alla chiave di girare… ci siamo dovuti adattare e ingegnare per risolvere problemi di questo tipo.
E alla fine tutti i problemi che abbiamo avuto dopo aver affrontato così tanto fango e così tanta acqua non erano legati alla “moto elettrica” ma erano problemi che avremmo avuto su qualsiasi veicolo. Alla fine la cosa divertente è che a cedere è stato il veicolo di supporto e non la Zero DSR.
Attraversare il continente africano a bordo di una moto elettrica non deve essere stato affatto facile e a molti potrebbe sembrare incredibile che voi ci siate riusciti. Com’è stata l’esperienza “elettrica”?
La Zero DSR Black Forest nell’uso cittadino ha un range di 260km. Questa autonomia è bastata per la maggior parte del viaggio ma per un paio di tratti non era abbastanza. Prima di partire non eravamo a conoscenza di questi tratti più lunghi, per fortuna l’ho scoperto durante il viaggio altrimenti, se l’avessi scoperto prima della partenza, avrei pensato che questa impresa sarebbe stata impossibile e magari non l’avremmo mai intrapresa.
Uno di questi lunghi collegamenti senza punti di ricarica era in Marocco, nella zona ovest del Sahara. Per fortuna le strade in Marocco erano in ottime condizioni e mi sono adattato guidando dietro a tir e camion, restando nella scia, risparmiando tantissima energia.
Il tratto più lungo che ho percorso è stato di circa 340 km e a destinazione avevo ancora il 23% di carica, dunque molto di più di quanto dichiarato dalla Casa Madre.
Ovviamente questa soluzione non sia il modo più sicuro di guidare, e non lo raccomando a nessuno. Ma alla fine credo che la sola idea di attraversare l’Africa in moto non sia la cosa più sicura da fare a prescindere.
Questa avventura è stata un esperimento e sono davvero felice che sia riuscito nel migliore dei modi.




Quindi non sei mai rimasto in mezzo al nulla senza carica?
Sì e no, nel senso che abbiamo usato il veicolo di supporto, un piccolo van che guidava Dulcie da usare in caso di emergenza.
Il fatto è che noi ci siamo lanciati in questa avventura con uno spirito pieno di curiosità. Non siamo “avventurieri” professionisti e non volevamo stabilire alcun record mondiale, eravamo soltanto curiosi. E questo ci ha lasciato tanta libertà per poter risolvere i problemi a modo nostro.
Questa avventura era fin troppo complessa: gli hotel erano prenotati in anticipo e le 100 interviste programmate, eravamo costretti a rispettare la tabella di marcia per non far saltare tutto.
Viaggiare in Africa su una moto è già una sfida a sé, farlo su una moto elettrica, toccando il maggior numero di nazioni possibili durante la stagione delle piogge conducendo 100 interviste forse è stato un po’ troppo… Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Abbiamo imparato che su una moto elettrica si può fare davvero tutto, se si può attraversare l’Africa davvero non ci sono limiti. Bisogna solo essere curiosi e avere voglia di provare una nuova esperienza. Si tratta di un diverso modo di guidare rispetto alle classiche moto a benzina. Ci saranno svantaggi ma anche vantaggi, come guidare nel silenzio a contatto con la natura…
È semplicemente un’esperienza di viaggio diversa. E se volete provare qualcosa di nuovo provate a viaggiare con una moto elettrica, ne vale la pena.
E qual è stato il momento peggiore della vostra traversata?
Credo che, durante un viaggio, a volte i momenti peggiori possano trasformarsi nei momenti migliori. A posteriori si può dire “Wow, com’è possibile? Come abbiamo fatto a uscirne?”. Credo che i problemi e gli imprevisti siano parte dell’avventura.
Quindi, per me uno dei migliori e dei peggiori momenti allo stesso tempo è stato quando il nostro veicolo di supporto si è fermato del tutto. Il motore si è rotto, tra la Nigeria e il Camerun, dopo un piccolo incidente. Come dicevo prima, era un semplice van, totalmente inadatto a quelle strade, Dulcie, la mia partner, guidava il van di supporto mentre io guidavo la Zero. La moto non ha avuto alcun problema su quel terreno ma il van non ce l’ha fatta. Siamo stati costretti ad abbandonare il furgone in Camerun e abbiamo dato via la maggior parte delle nostre cose alle persone del luogo. Per me questo si è rivelato essere uno dei momenti migliori dell’avventura perché, senza veicolo di supporto, eravamo soli con la moto, era l’inizio della vera avventura.
Alla fine certe cose sono diventate più semplici… Per esempio quando la gente vede che stai viaggiando senza un veicolo di supporto vuole aiutarti davvero.
E poi, per me, è stato un grande momento anche perché Dulcie non ha avuto un attimo di esitazione a farsi il resto del viaggio come passeggera in sella alla Zero DSR, ed è bello sapere di condividere lo stesso spirito d’avventura.
Alla fine è tutto un gioco nel quale bisogna sapersi adattare, come quando siamo stati in hotel senza elettricità e abbiamo dovuto trovare metodi alternativi per ricaricare la moto, a volte chiedendo di usare la corrente di un ospedale.


Che avventura! E non dobbiamo dimenticare che durante il viaggio avete anche intervistato 100 changemakers, 100 innovatori tra uomini e donne, interviste che state condividendo sul vostro sito AfricaX.org nella sezione blog e che verranno raccolte nel libro che uscirà a breve. C’è una storia che ti ha colpito in modo particolare?
Sono state tutte delle fantastiche interviste, abbiamo conosciuto persone davvero incredibili. Pensandoci su mi viene in mente la storia di un ragazzo che lavora come ingegnere in Sud Africa e che ha avviato un progetto per fornire acqua filtrata a grandi aziende del Paese e al tempo stesso per donare acqua potabile a comunità che non hanno accesso ad acqua pulita.
Sta stampando in 3D i filtri per purificare l’acqua e il sistema di filtraggio stesso è fatto con gusci di noci macadamia. Davvero di grande ispirazione. E quello che mi ha colpito di più è che mi ha raccontato di non aver mai detto ai suoi genitori di aver lasciato il suo lavoro per iniziare un suo personale progetto perché la sua famiglia voleva che dopo averlo fatto studiare lui avesse stabilità, che non corresse rischi. Un comportamento interessante che è emerso più volte durante queste interviste.
Ho capito che c’è una grande disparità. Da un lato c’è tanto bisogno di persone come questo ragazzo, di imprenditori, di innovatori che vogliano fare del bene. Ma dall’altro lato persone che potenzialmente vorrebbero cambiare il mondo magari sono cresciute in una realtà dove non è accettabile iniziare qualcosa di nuovo abbandonando la via del lavoro stabile e sicuro.
Questo mi ha fatto riflettere e spero che condividere queste storie possa essere un modo per aprire nuove opportunità e far capire che l’imprenditoria, che innovare sia una strada che merita di essere intrapresa.